Regia di Krzysztof Kieslowski vedi scheda film
Comincia con l'immagine di un gatto impiccato su un albero il quinto episodio del Decalogo di Kieslowski, di cui esiste anche una versione in lungometraggio (circa mezz'ora in più di durata), destinata al cinema, mai uscita nelle sale italiane e intitolata Breve film sull'uccidere.
Jacek (Baka) gira senza meta per le strade di Varsavia. Non contento di avere gettato un sasso da un cavalcavia, causando un incidente (non sapremo mai di quale entità: in questa come in altre occasioni la regia procede per ellissi), strangola un tassista (Tesarz) nella sua vettura. Un anno più tardi gli viene comminata la pena capitale. A difenderlo un avvocato idealista e pieno di pietà (Globisz) che casualmente si trovava nello stesso bar del ragazzo nel giorno in cui quest'ultimo decise di assassinare la sua vittima. Un omicidio brutale, frutto di una violenza cieca, furiosa, gratuita, insostenibile allo sguardo dello spettatore, affidata a una scena interminabile.
Ancora una volta il ruolo del caso (l'incontro nello stesso locale tra avvocato e killer ma anche il contrappasso della morte con lo stesso strumento, una corda) fanno di questo apologo contro la pena di morte un momento altissimo della cinematografia del grande regista polacco, mettendone in mostra la disillusione di fondo. Prove ripetute di grande cinema d'autore, fotografia cupissima, scurita ai bordi, inquadrature inusitate, dettagli spiazzanti non farebbero mai pensare a un film nato per la televisione.
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