Regia di Enzo D'Alò vedi scheda film
Una delle favole più belle di ogni tempo, ma anche la più rappresentata ovunque, dal teatro (memorabile Carmelo Bene...) al cinema alla Tv. Tuttavia ogni qualvolta ci si prova, lo spettatore e l’autore della rappresentazione scoprono qualcosa di nuovo, un risvolto della materia prima di Collodi che si presta a una inedita interpretazione, o lettura. Roberto Benigni fece del burattino senza fili un giullaretto un po’ anarchico mentre Enzo d’Alò, che pensava a una affabulazione animata di Pinocchio da ben tredici anni, ha deciso di restare fedele al testo per quanto riguarda il piccolo protagonista, modificando però la figura di Geppetto. Il quale è, se possibile, più complesso e incisivo, più a misura di... bambino. E anche la Fata Turchina porge la giovinetta mano senza più quell’aura materna cara per esempio a Luigi Comencini. Però il Pinocchio di D’Alò è soprattutto un cartoon, e pur dimenticandosi della versione Disney del 1940 (il film d’animazione preferito di chi scrive), si nota nel tratto e nella dinamica qualche indecisione, come se la fluidità del disegno si inceppasse causa poca azione, rimanendo oltretutto a un livello troppo elementare per i gusti scafati degli spettatori di oggi. Fanno eccezione intuizioni e sfondi di Lorenzo Mattotti, ovviamente, ma resta lo sbilanciamento di un film che ha un respiro per adulti e un disegno per bambini molto piccoli. Colonna sonora di Lucio Dalla, a tratti affascinante.
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