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Pinocchio

Regia di Enzo D'Alò vedi scheda film

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La recensione su Pinocchio

di Spaggy
8 stelle

Sei anni di lavoro sono occorsi ad Enzo d'Alò per realizzare il suo Pinocchio, un omaggio al genio di Collodi ma anche al suo babbo babbino. Sin dalle prime immagini, è evidente che il regista ha ritrovato il tocco magico già visto in La gabbianella e il gatto e sin dai primi frammenti si materializza davanti agli occhi dello spettatore, amante di cinema e arte, quello che è un piccolo capolavoro del disegno artigianale: senza effetti speciali o stereoscopia, d'Alò riesce nell'impresa di coniugare disegno bidimensionale e tripli assi cartesiani. Sullo sfondo di quadri pittorici in cui è possibile scorgere il tratto della matita e delle sue sfumature di colore, luci e ombre, chiaroscuri e pennellate di estro creativo, si muovono personaggi che sembrano fuori uscire dallo schermo e prendere per mano coloro che si lasciano immergere in un mondo dove la realtà viene messa da parte per lasciare spazio al potere dell'immaginazione, della poesia e della fantasia. Poco importa se le proporzioni non sono rispettate: personaggi e ambientazioni di Lorenzo Mattotti fanno passare in secondo piano le piccole imperfezioni, rendendole invisibili.  

Rispetto alla versione Disney, piccolo gioiello che però snaturava la fiaba di Collodi americanizzandola e perdendo di vista la psicologia del burattino di legno, d'Alò condensa in poco più di 80 minuti tutti gli episodi cruciali prendendosi qualche piccola licenza narrativa. Ed è così che ad esempio la Fata Turchina smette di essere adulta e ritorna bambina, coetanea di Pinocchio, e acquista credibilità: niente bacchette magiche ma solo la forza dell'amore incondizionato ed esente da egoismo muovono i suoi "incantesimi" e una chioma lucente che riacquista il colore a cui deve il nome.   

La sequenza di apertura, realizzata in tonalità di grigio, è perfetta nel descrivere la malinconia che prova Geppetto, falegname ormai rimasto solo al mondo, di fronte al ricordo dell'acquilone giallo e rosso di quel bambino che è stato e che costantemente gli tiene compagnia. Basta però poco per essere dopo proiettati in un universo cromatico che prende vita attraverso colori accesi e capaci di illuminare lo schermo: il pregio principale del Pinocchio di d'Alò è quello di non incupire mai l'atmosfera in cui il racconto si dispiega, anche le situazioni più pericolose vengono sdrammatizzate dalla presenza di personaggi che con le loro battute o i loro buffi movimenti riescono a far mettere da parte tensione e paura non preoccupando i bambini che accorreranno in sala.

Non meno importante è il rispetto per ogni fascia di potenziale pubblico: adulti e meno adulti troveranno messaggi e contenuti da metabolizzare che vengono trasmessi attraverso l'azione e mai con intento pedagogico. Pinocchio ama il suo Geppetto come Geppetto ama il suo Pinocchio: entrambi sono disposti a dar la vita - non solo in senso metaforico - l'uno per l'altro, a costo di sfidare le acque delmare agitate dal libeccio, il ventre di una balena o due gendarmi. Piccolo, dispettoso, bugiardo e impertinente, Pinocchio sa come volersi far bene e lo dimostrano le apprensioni che per lui ha l'amico Grillo parlante, le emozioni che suscita in Mangiafoco o la complicità del cane poliziotto.  

La colonna sonora del compianto Lucio Dalla riserva parecchie sorprese. Misto di rock popolare contaminato da hip hop, charleston, r&b e assoli di clarinetto, conta sul sostegno delle voci di Nada, Leda Battisti e Marco Alemanno, oltre che su due pezzi cantati da Dalla stesso, tra cui la straordinaria canzone sui titoli di coda. Perfette le voci del doppiaggio, con grande merito di Gabriele Caprio di non aver reso leziosa la voce del burattino. Ottima l'accoppiata Maurizio Micheli e Maricla Affatato (per chi non lo sapesse, è la moglie del regista) come Gatto e Volpe mentre Rocco Papaleo e Paolo Ruffini si limitano a eseguire il loro compito senza particolari guizzi.   Voto: 8

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