Regia di Lorraine Levy vedi scheda film
E' vero, la trama probabilmente potrebbe non essere totalmente verosimile ( questo parere di alcuni critici potrebbe però essere discutibile) come pure la sceneggiatura forse eccessivamente "sdolcinata" in particolare nell'ultima parte, ma questo lavoro della Lévy racchiude molti aspetti positivi assolutamente degni di nota. Casi simili, seppur inconsueti e rari, sono stati contemplati dalla cronaca, considerando inevitabilmente interrogativi esistenziali di non facile metabolizzazione per gli "attori" coinvolti in prima persona, cioè figli e genitori.
La vicenda, tratta da un breve racconto di Noam Fitoussi, ha però il pregio (nella sua intrinseca drammaticità) di accrescere il phatos, addizionando, a quanto sopra menzionato, lo sconcerto di ritrovarsi catapultato nell'opposta fazione, fra quelli che fino a quel momento erano considerati la " controparte storica".
L'epilogo e' compatibilmente positivo e conciliante grazie a una lenta assimilizzazione della realtà da parte di tutte le parti in causa, sia primarie (i figli oggetto dello scambio) che secondarie (i rispettivi genitori con gli altri figli/e). Non esiste una soluzione indolore, si può solo ottimizzare quanto possibile prendendo atto della nuova situazione che, vincolandoci a guardare lo specchio della realtà, ci restituisce un'immagine diversa e inquietante che ci consente forzatamente di percepire e comprendere un diverso punto di vista, insospettabilmente legittimo quanto il nostro.
E' questa la riflessione ultima che la regia ha inteso veicolare sfruttando appieno il linguaggio potenziale del cinema. Le diatribe e le ostinate cocciutaggini, come la storia insegna, non si risolvono se non con uno schietto e sincero dialogo. Purtroppo, nella vicenda ebraico/palestinese dal 1948 ( anno di nascita dello Stato di Israele con a capo Ben Gurion) ad oggi, non essendoci errori di culla, il dialogo è statico, arroccato sulle proprie irrinunciabili ragioni storiche e quindi poco costruttivo. Mentre, per essere tale, dovrebbe permettere alle parti, qualora queste siano aperte e disponibili, di "infiltrarsi" immedesimandosi quasi fisicamente nell'altro contesto. Solo questo escamotage potrebbe contenere le potenzialità di una soluzione .
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