Regia di Lorraine Levy vedi scheda film
A dispetto dell’incapacità da parte del corpo politico di dare risposte concrete e propositive al conflitto arabo/israeliano, il cinema non sta certo a guardare e, anzi, propone modelli positivi cui ispirarsi. Come quello raccontato da Lorraine Levy, ebrea né israeliana né palestinese, (forse per ciò) eccezionale nel muoversi sul confine labile che divide queste due anime. E che nel film sono rappresentate rispettivamente da Joseph, uno svogliato 18enne pronto al servizio di leva, e Yacine, un brillante palestinese dei territori occupati della Cisgiordania. Le loro vite sarebbero destinate a non avere niente in comune se non fosse che alla nascita i due (quasi fossero una sorta di Isacco e Ismaele dei giorni nostri) sono stati scambiati. E quando la verità verrà a galla, né loro né le rispettive famiglie potranno ignorare di avere una parte di sé dall’«altra parte del muro», reale e metaforico. È quindi chiaro come la materia scotti, ma a “spegner le fiamme” ci pensano la sensibilità, il senso di equilibrio e la lucidità dimostrati dalla regista.
La quale, memore di pellicole felici sul- l’argomento (una su tutte, Il giardino di limoni, palesemente omaggiata), dimostra come l’odio razziale sia soprattutto culturale, figlio di una società maschile che invece dovrebbe lasciare spa- zio a una solidarietà tipicamente femminile. A questo proposito, è obbligo chiedersi E ora dove andiamo?
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