Trama
Joseph si appresta a fare il servizio militare per l'esercito israeliano quando scopre di non essere il figlio biologico di Orith e Alon, i genitori di cui non ha mai dubitato. Al momento della nascita, è stato scambiato con Yacine, un bambino appena venuto al mondo da una coppia palestinese che vive in Cisgiordania. La scoperta di quanto avvenuto quel giorno interrompe brutalmente la tranquillità di entrambe le famiglie, costrette a riconsiderare le loro identità, i loro valori e le cose in cui hanno sempre creduto.
Approfondimento
UN FILM SULLE DINAMICHE FAMILIARI
Il figlio dell'altra nasce da un piccolo racconto scritto da Noam Fitoussi e inviato alla regista Lorraine Levy (di origine ebrea) dalla produttrice Virginia Lacombe. L'idea di Fitoussi era di raccontare la storia di due bellissimi bambini, uno israeliano e l'altro palestinese, scambiati alla nascita a causa del caos causato dai bombardamenti che colpiscono un ospedale. Poiché Fitoussi non era uno scrittore, per la prima bozza di sceneggiatura è stato affiancato dalla sceneggiatrice Nathalie Saugeon, ricavandone una vicenda in cui a essere dominante è il tema dei legami familiari. Ancora una volta, dopo i due precedenti film (tre, se si include il televisivo Un divorzio da cani), Lorraine Levy si ritrova ad affrontare l'universo familiare come un microcosmo in cui sono presenti i semi che determinano ciò che ogni individuo diventa. I due ragazzi protagonisti sono infatti spinti dai genitori ad avere differenti percorsi di vita. Mentre Yacine lascia il nido domestico per studiare in Francia e diventare uomo prima del previsto, Joseph continua a vivere in un universo iperprotettivo che lo porta a non crescere mai. La frattura tra i due personaggi è fortemente connotata dalla recitazione fisica dei due attori protagonisti: nell'interpretare Joseph, Jules Sitruk mantiene dei tratti morbidi, mentre per il ruolo di Yacine, Mehdi Dehbi è ricorso a un'immagine più costruita e matura.
Il ruolo maggiore all'interno della storia è affidato ai personaggi femminili, alle madri nella fattispecie. Mentre i padri affondano di fronte a una verità per loro insopportabile, le madri preferiscono affrontare la paralisi della sofferenza coscienti del fatto che un figlio rimane tale anche senza averlo partorito. A loro spetta il compito di guidare i loro uomini verso l'accettazione della nuova realtà.
IL CONFLITTO ISRAELO-PALESTINESE
Per la prima volta Lorraine Levy racconta una vicenda che racchiude in sé riferimenti storici ed è stata girata in quattro differenti lingue (francese, ebraico, arabo e inglese) a Gerusalemme, lontano dalla sua Francia. Lo sfondo della vicenda è strettamente connesso al conflitto israelo-palestinese ma né la regista né gli sceneggiatori vivevano in Israele. Non avendo conosciuto direttamente la realtà politica e culturale in cui la storia si svolge, la Levy ha cercato sin dall'inizio di tenere lontani i toni politici che avrebbero finito per esacerbare passioni e tensioni. Una volta trovatasi sul set, la regista si è subito resa conto che la sceneggiatura non rifletteva la realtà del paese, costringendosi a decostruire quanto già scritto per rendere credibile quanto si apprestava a raccontare. L'aiuto maggiore nel ricostruire uno sfondo veritiero è venuto dai cast tecnico del film, composto soprattutto da israeliani ebrei e palestinesi di Israele e Cisgiordania. Nonostante la decisione di approfondire da vicino la natura politica del conflitto, la Levy sul set ne ha vissuto sulla propria pelle le conseguenze, doprattutto durante i casting per reclutare gli attori del posto. Dopo aver scelto la componente francese del cast artistico, la regista aveva già contattato l'attore Juliano Mer-Khamis ma poco prima dell'arrivo a Gerusalemme Mer-Khamis è stato assassinato da un gruppo estremista palestinese. Il giorno in cui vi era l'audizione per i ruoli femminili, invece, l'esplosione di una bomba ha chiuso tutti i punti di accesso a Gerusalemme. Tutti i mezzi di trasporto hanno sospeso le loro corse, costringendo le attrici provenienti da fuori la città (come Areen Omari, abitante a Ramallah e scelta poi per il ruolo di Leila) a camminare per oltre 4 ore pur di raggiungere il luogo prestabilito per i provini. La scena girata ai piedi del Muro del Pianto è stata poi interrotta diverse volte dalla polizia israeliana per accettarsi che si trattasse veramente di una ripresa cinematografica.
LA GUIDA IDEOLOGICA DI YASMINA KHANDRA E AMOS OZ
Nonostante il desiderio di non farne un film politico, Il figlio dell'altra non poteva non essere un film ideologico almeno per due motivi. Prima di cominciare a girare, Lorraine Levy ha portato di persona la sceneggiatura (scritta da tre francesi, due dei quali ebrei) a Yasmina Khadra, in modo da avere la prospettiva di un intellettuale e artista arabo. Nel commentare la sceneggiatura, Khadra ha inserito dei dialoghi che sono stati riportati fedelmente sullo schermo. In secondo luogo, l'altro motivo è prettamente simbolico. Sebbene non lo abbia mai incontrato, Lorraine Levy si è ispirata al lavoro di Amos Oz, invitando tutta la troupe a leggerne Una terra due stati. Interviste, un piccolo libro in cui lo scrittore israeliano parla del conflitto tra palestinesi e israeliani, proponendo un grande compromesso per la pace. L'ombra di Oz aleggia anche in due differenti scene: in una si sente una sua intervista concessa alla radio mentre nell'altra l'attrice Emmanuelle Devos è intenta a leggere uno dei suoi libri.
Note
A “spegner le fiamme” di una materia scottante ci pensano la sensibilità, il senso di equilibrio e la lucidità dimostrati dalla regista che, memore di pellicole felici sull’argomento, dimostra come l’odio razziale sia soprattutto culturale, figlio di una società maschile che invece dovrebbe lasciare spazio a una solidarietà tipicamente femminile.
Trailer
Scrivi un commento breve (max 350 battute)
Attenzione se vuoi puoi scrivere una recensione vera e propria.
Commenti (4) vedi tutti
L’antico tema dello scambio in culla dimostra che abbattere i muri – quelli che chiudono le frontiere degli stati e quelli della mente – è necessario. In questo film – come nella vita – l’altro è quello che potevamo essere noi, nati, per caso, “dall’altra parte".
leggi la recensione completa di laulillaAbbastanza improbabile e poco proponibile.... oltretutto noioso.
commento di Artemisia1593Un po' improbabile… ma abbastanza credibile da far sembrare improbabile la guerra..
commento di stenlioBen girato, mal sceneggiato e ben recitato. Per il resto siamo alle solite: vogliamo la pace. Speriamo in questa belle gioventù..
commento di nica