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Papillon

Regia di Franklin J. Schaffner vedi scheda film

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La recensione su Papillon

di alan smithee
8 stelle

“Maledetti bastardi… sono ancora vivo!”…. parola di Henry Charrière, alias Papillon, ladro di professione nella Francia anni ‘30, sciupafemmine, ma con sentimento, truffatore ma con una sua morale.

Mai desistere o darsi per vinti fu la summa della sua rocambolesca avventura di vita.. Anche quando una legge di stato, inflessibile, suprema, definitiva e senza scampo, finisce per annullare ed annientare personalità e caratteri, togliendo, oltre che la capacità ci agire, anche la dignità di essere umano, ogni desiderio di vita che non sia il puro sussistere vegetativo.

Così è successo tante volte nel passato. Così capita nel film epocale, famosissimo e apprezzatissimo di Franklyn J. Schaffner (solido cineasta di “blockbuster d’autore” come Il pianeta delle scimmie, Patton, I ragazzi venuti dal Brasile), alle soglie degli anni ’30, quando la Francia era solita allontanare i delinquenti giudicati rei di delitti gravi, confinandoli nella colonia penale della Guyana francese, sottoposti ad una detenzione in luoghi isolati con difficile possibilità di evasione e sopravvivenza. Come nell’Isola del Diavolo, approdo estremo per l’estrema punizione a danno di recidivi evasori, ribelli, indomabili caratteriali, ed altra estrema umanità allo sbando o sul baratro; isola così estrema, isolata ed impervia da non richiedere barriere né muri di cinta per contenere i prigionieri.

Costoro, più in generale, quando non condannati all’ergastolo, venivano costretti a scontare una permanenza nella prigione pari a quella della detenzione presso la colonia, prima di poter eventualmente essere rimessi in condizione di tornare presso quella patria che tende in tutti i modi ad annientarli, nel corpo e nello spirito.

Tra questi, incontriamo e la nostra attenzione si concentra sul dinamico ed atletico ladro Charrière, detto appunto Papillon, incastrato da terzi ed accusato ingiustamente di un omicidio non commesso, impossibilitato ad essere scagionato dalla amata sua donna, in quanto prostituta e, come tale, non ritenuta soggetto affidabile.

Sulla sua strada verso la prigionia oltremare, “Papi” incontra il mite e vulnerabile falsario Louis, circondato da un vociare di informazioni circa il tesoro che l’ometto porta con sé, celato in luoghi così intimi da generare imbarazzo o ilarità, a seconda dei casi, e non fosse che per la drammaticità del sottofondo umano che ne costituisce il contesto geografico e fisico.

Lo scaltro ed atletico papi intuisce che quell’uomo indifeso, ma anche facoltoso, potrà giungergli utile nella fuga che egli medita già prima di essere giunto a destinazione.

Il film si concentra sulla durissima vita da detenuti, protesa ad annientare ogni anelito umano, progressivamente soppresso da atteggiamenti prevaricatori di uomini in cattività ridotti allo stitus di belve tutte istinti, anche sessuali, repressi e quindi spesso incontrollati.

Nonostante la minaccia che grava anche solo su chi premedita una simile circostanza, le occasioni di fuga per Papillon ed in suo compare, diverranno una costante, e ogni volta l’uomo arriverà a scontare punizioni sempre più destabilizzanti, pronte ad annullare la dignità di essere umano che, a quei tempi a livello ufficiale, non veniva considerata un valore inalienabile per ogni essere umano.

Dall’omonimo romanzo autobiografico di Henry Charrière, Schaffner e gli sceneggiatori Dalton Trumbo e Lorenzo Semple Jr., oltre a rappresentare uno spaccato di vite alla deriva che spesso reagiscono ostentando violenza alla violenza che li isola, tentando di annientarli dapprima giuridicamente, poi umanamente, infine fisicamente, fornisce a due star eccelse e sfaccettate, fisicamente e caratterialmente agli opposti come Steve McQueen e Dustin Hoffman, di dar vita a due personaggi straordinari, che in qualche modo riassumono ognuno le caratteristiche, le tendenze, le inclinazioni dei personaggi tipo che hanno caratterizzato le straordinarie carriere di entrambi.

Gli occhioni azzurri e sbarrati del primo affrontano quelli piccoli, scuri, meditabondi e spesso freddi e cinici, oltre che nascosti da lenti spesse da vista, del secondo, divenendo questo solo uno degli anacronismi fisico-apparenti che rendono quella “strana coppia” di sopravvissuti una delle più note, riuscite ed amalgamate della storia del cinema.

 

 

 

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