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Papillon

Regia di Franklin J. Schaffner vedi scheda film

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La recensione su Papillon

di OGM
8 stelle

La Guyana delle colonie penali è il volto nero dell’esotismo; è il luogo selvaggio, ma non pittoresco, in cui il verde è il colore delle paludi e dei coccodrilli, mentre il blu è il colore di farfalle catturate e fatte oggetto di un losco commercio.  Nella natura incontaminata l’uomo non ritrova la sua libertà primigenia, bensì, al contrario, vede il proprio corpo macerarsi nel fango, nel sudore e nel sangue. Il sadismo della reclusione e dei lavori forzati è una forma primitiva ed essenziale di disumanità, che riduce il detenuto ad un essere privo di personalità, schiavo in tutto e per tutto dei suoi bisogni fisiologici. Il cibo, l’acqua e la luce divengono oggetto di un baratto meschino tra carceriere e carcerato, in un gioco spietato volto a succhiare le forze ed annientare la mente. L’individuo, lacero, sporco, sofferente, sfinito, sempre a un passo dal diventare un cadavere da trascinare via, è come un sacco da svuotare: estirparne l’essenza è infatti un modo sicuro per strappar via - insieme a tutto il resto - il suo carattere criminale. In un ambiente in cui la carne e lo spirito sono molli di corruzione e voglie inappagate, l’unica residua fibra di determinazione è, per il protagonista Papillon, il ferreo proposito di evadere: una lucida ossessione che sopravvive anche all’atroce squallore dei mesi di fame, buio ed isolamento. Pensare ad un progetto e credere nella sua realizzazione, anche solo durante i sogni notturni o le allucinazioni del delirio, significa restare in familiarità con il proprio raziocinio e mantenere vivi i contatti con le proprie origini.

Questo film non è solo il racconto di una rocambolesca fuga da una infernale prigione in capo al mondo. È, invece, soprattutto, la storia di quel filo esilissimo, ma resistente, fatto di ricordi e speranze, di orgoglio e coerenza, che consente all’uomo di rimanere tale anche nelle condizioni più terribili ed estreme; è l’avventura del “nonostante tutto” che si consuma ai margini della civiltà, in tutti i luoghi dimenticati in cui la dignità è costretta a fare pugni con la miseria ed il degrado.

Sulla trama

Una straordinaria sensibilità contrassegna il finale  di quest’avventura per “uomini veri” che digrada nel declino della vecchiaia.  L’ardore giovanile che si fa nostalgico languore è la parentesi che chiude, con tragica dolcezza, la drammatica parabola di una condanna a vita e di un impossibile sogno di riscatto.

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