Regia di David Twohy vedi scheda film
Non chiedetevi se Riddick, il furfante capace di materializzarsi in una base sigillata, riuscirà a prevalere. Chiedetevi al più come. Ecco, il film ve lo illustra.
Dopo l’ottimo Pitch Black (2000), film del genere sci-fi avventurosa, il buon Vin Diesel/Riddick si era trovato con un’eredità scomoda, giocata & gettata sino all’ultimo cent nel confuso Le Cronache di Riddick (2004). Quindi, tra un Fast and Furious e il successivo (siamo a 7, ma credo ne siano previsti settanta volte sette), qualcuno ha pensato bene di tentare un recupero dei fattori che avevano reso più che guardabile Pitch Black. Onore al merito: dopo approfondita indagine, la produzione ha scoperto che tornare indietro era più promettente che insistere con la fotocopia di un Conan il Barbaro fantascientifico (rischio assai presente in Le cronache…).
Quindi ecco Riddick (2013), in cui la storia recupera una dimensione più individuale e minimalista e gli orizzonti non vanno da una galassia a un’altra ma tutt’al più da un margine all’altro di un semplice deserto.
C’era la concreta possibilità che Riddick si rivelasse un mero rifacimento di Pitch Black, in cui cambiavano solo i mostri e le insidie. In parte è così, ma l’effetto amarcord è più di similitudine che di plagio. In questo film, il protagonista è più libero di agire e scegliere, e quindi di esprimere la sua fisicità combattiva e uno strano ma coerente senso dell’onore e della solidarietà. Perché, benché Diesel faccia sempre la faccia cattiva, ormai abbiamo capito da tempo che è tutta una finta: ha un cuore d’oro, duro con i duri ma tenero con i deboli. Una specie di boy scout che ha imparato bene l’addestramento e sa sopravvivere mangiando fango e bevendo pioggia.
Quindi lo spettatore si metta comodo, e osservi col giusto divertimento il come (non certo il se) il Nostro si toglierà dagli immancabili guai.
I comprimari. Già, perché ci sono anche loro, anche se appaiono anonimi e strumentali alle gesta dell’eroe. Qui ne abbiamo ben due gruppi, cioè due squadre diverse e antagoniste di cacciatori di taglie: una più caciarona e l’altra più tecnologica. Inutile dire che la competizione che ne consegue è tutta interna, perché contro Riddick non ce n’è mai per nessuno. Ma, insomma, l’espediente arricchisce un po’ il plot: le solite due bellone e mezzo, i soliti culturisti destinati a fine prematura, i capi-branco 1 e 2 (il primo somiglia a un narcotrafficante colombiano, il secondo a uno psicopatico sociopatico). Purtroppo, manca del tutto un corrispettivo della deliziosa Radha Mitchell, la pilotessa (si dice così?) dal faccino acqua e sapone e con vasti sensi di colpa che è l’ultima a morire in Pitch Black. Ma Riddick non è Pitch Black. Se riusciamo a ricordarcelo, possiamo anche divertirci.
Sufficienza senza problemi.
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