Regia di David Twohy vedi scheda film
«Lascia stare l’inizio. È della fine che devi occuparti adesso». Eppure David Twohy, nel capitolo conclusivo della trilogia iniziata nel 2000 con Pitch Black, va avanti guardando indietro. Se in The Chronicles of Riddick aveva giocato la carta della moltiplicazione, inserendo l’antieroe furiano nell’ambiente (post)urbano del pianeta sociale Helion Prime, nel terzo atto torna a scarnificare il contesto e a prestare attenzione al protagonista. «Mi ero civilizzato», afferma Riddick prima di ritornare allo stato di natura, tradito e abbandonato morente da quei Necromonger dei quali era diventato Lord Marshal. Caccia, pesca, combattimenti con mostri e presa di coscienza dei propri limiti fisici. E anche sangue, ossa frantumate, dolore pulsante come soglia per la liberazione dal giogo della civilità. La nuova iniziazione di Riddick - cui seguiranno gli immancabili (e ormai vetusti) scontri con i cacciatori di taglie di turno - è il vero cuore teorico di un film capace di riflettere a lungo sul corpo del personaggio. Corpo inciso da cicatrici come residui di memoria. Corpo consumato dalla lotta e spesso inerme. Corpo per la prima volta concesso al sesso, nell’unico momento della saga in cui il nostro appaga le sue pulsioni chiamandoci a testimoniare (in The Chronicles of Riddick nell’inquadratura c’erano solo le concubine desideranti). Manca fantasia di intreccio. Manca il mondo attorno al protagonista. Mancano nemici credibili. Ma Riddick e Vin Diesel hanno chiuso il (loro) cerchio, e in fondo può bastare.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta