Regia di David Twohy vedi scheda film
Torna a casa, Riddick!
Scodinzolante sebbene un poco stagionato, Riddick torna dolcemente a casa. Non il pianeta madre, luogo della mente da cui è stato subdolamente sedotto anche per via di un proprio personale percorso di “civilizzazione” e di conseguenza ridotto in fin di vita, ma il territorio filmico sul quale Pitch Black tesseva la sua straordinaria (e irripetibile) rete mortale che molte vittime felici fece tra spettatori, critici e appassionati (di sci-fi ma non solo).
Un lungo prologo, prolisso e verboso, in cui la voce fuori campo dell’antieroe furyano spiega troppo e si parla addosso (lui non ne ha bisogno!), introduce la storia, archiviando peraltro in breve il precedente ambizioso malriuscito secondo capitolo (le poco avvincenti “cronache”).
Creduto morto, ferito (soprattutto nell’orgoglio), in un impervio scenario desertico roccioso, con nuove lovecraftiane orribili creature a fargli da supporto morale e ad aprirgli i varchi per ritrovare la strada smarrita, Riddick si rialza, riacquista le forze, e sente la furia animalesca crescere in sé.
Evviva.
Peccato che un orizzonte carico di nere nuvolaglie lasci intravedere un incombente pericolo: questa volta i famelici mostri arrivano con la pioggia!
Non resta che “chiamare un taxi” …
Dal cielo si materializzano due navi spaziali: in una mercenari per la taglia (raddoppiata se il soggetto viene ucciso), nell’altra un comando di uomini capitanati da un tizio risoluto ed in cerca di risposte.
Ecco, con il loro arrivo, in sostanza si entra (anche se tardi) veramente nel film. Cose già viste, certo; e del resto molte sono le analogie col primo episodio. Dopotutto è chiaro nonché dichiarato il tentativo di recuperarne le atmosfere e la dimensione: serie b (nella migliore e più nobile accezione possibile) con idee, palle, buongusto e capacità di incidere a fuoco nella celluloide dei tempi un personaggio mito(log)ico quale è Riddick.
Operazione che può dirsi, nel complesso, riuscita; e ciò malgrado talune falle evitabili (come sopra accennate) ed altre inevitabili (perché quando si ripete una formula il déjà vu è una costante). Trama semplice e lineare, pratica, andamento e svolgimento secco, personaggi-burattini in cerca di gloriosa imprevista fine (per mano di chi è ovvio) - sebbene le loro presenze ed interazioni non spicchino granché (salvo per uno di cui si dirà) -, effetti speciali virati il più possibile sull’artigianato (ottimo), sollecitazioni action-western e sussulti horror, cromatismi organici a sottolineare stati d’animo e della narrazione: una volta dentro non si vorrebbe più uscire fuori [anche perché - piccola nota personale - i dintorni sono occupati da orde di (in)festanti ragazzine in estasi per il “film” degli One Direction: drogarsi, no, eh?].
E poi, c’è sempre lui, Riddick.
Del quale, fattegli smettere le vesti sontuose ed abbandonare le brame di grandezza, vengono mantenute ed amplificate le naturali virtù e caratteristiche, quelle che lo rendono un protagonista irresistibile. Figlio di buona donna, geniale stratega, ghigno e strafottenza d’ordinanza, aura di maledetto e letale avversario (mai fargli mantenere una promessa …); ma non solo: oltre a spicchi di ironia e umanità (vedi il rapporto con il simpatico animaletto di compagnia), manifesta - finalmente! - sentimenti di fame sessuale.
Tensione che si sviluppa complice la bionda cazzuta combattente Dahl: scambi di sguardi emblematici e battute poco allusive (lei che si colora le unghie dei piedi con lo “smalto predatore” e lui che ribatte: «s’intona coi capezzoli»; per non parlare della profezia di Riddick che prevede che lei alla fine gli chiederà dolcemente di fare una “cavalcata”) fanno innalzare il livello (e il ritmo) del film.
A dare volto (e corpo) a Dahl - ed unica a spiccare in un cast di comprimari tutti maschietti e tutti alquanto anonimi (ma davvero non c’era niente di meglio dell’inguardabile Jordi Mollà?) - è la strepitosa Katee Sackhoff: lineamenti interessanti, bellezza atipica, piglio da dura, ha una carica sensuale impossibile da celare anche dietro la rigidità di divise da indossare e ruoli seri da interpretare. Beniamina dei nerd per via di Battlestar Galactica (basta vedere in tal senso le apparizioni in Big Bang Theory), ma anche apprezzabile nell’ottava e ultima stagione di 24 (Jack Bauer, però, l’ha apprezzata un po’ meno …), si rivela una scelta azzeccatissima (e peccato che si sia dovuto attenderla troppo), un degno compare dell’ineffabile star Riddick, quantunque il suo personaggio avrebbe avuto bisogno di approfondimento e maggior spazio.
Ma non ci si può lamentare: viste le premesse (e il recente passato), è da valutare senz’altro positivamente il lavoro svolto dal regista e sceneggiatore David Twohy.
Lunga vita a Riddick!
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