Regia di James Gray vedi scheda film
I titolisti della distribuzione italiana sono davvero monocordi e sempliciotti. Pur di richiamare alle orecchie del grande pubblico un immaginario, quello di C'era una volta in America, che si suppone possa aiutare commercialmente il film, non esitano a violentare il titolo originale, che in italiano suona come L'immigrante. Scelta quantomeno discutibile, oltre che sfacciata. Nuova ottima prova del regista James Gray, il quale continuando di questo passo si ritaglierà un posto d'onore nella storia del cinema americano. Difficilmente nella sua filmografia si scende sotto il livello del buon film. Ha capacità di scrittura (ottimo sceneggiatore) e, nell'intessere storie drammatiche, la direzione della pellicola e in particolar modo degli interpreti risulta sempre coerente e figlia di una visione nitida di cosa vuol portare sullo schermo. Gray è autore. Melodramma riuscito, triste, umanissimo e davvero ben fotografato, si basa sull'intreccio di relazioni tra una sfortunata giovane donna polacca, un direttore ebreo di avanspettacolo, ricattatore e sfruttatore di prostitute, un prestigiatore illusionista da teatrini di terza classe. Eva, ben resa dalla sempre brava Cotillard, patirà le pene dell'inferno pur di liberare dalla quarantena ad Ellis Island la sorella Magda. A contorno, una Nuova York color mattone che è insieme carcere, girone dantesco e porta d'accesso, forse, per un futuro migliore: "tutti hanno diritto di essere felici". Interessante l'aspetto religioso che caratterizza la cultura e condiziona le scelte della protagonista. Phoenix è maestro nell'incarnare l'inquietudine, la follia, "il veleno nel cuore" e in ultimo, poichè "c'è sempre una speranza", anche la redenzione.
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