Regia di James Gray vedi scheda film
Pagine d'un romanzo ingiallito,di storie e sofferenze passate,d'un umanita' piegata dal destino disperato.
"C'era una volta a New York" parla la lingua d'un cinema (neo)classico e crepuscolare,della macchina da presa come compagna di viaggio,quello d'una donna come Eva che nell'Eldorado americano si sveste della propria dignita'.
Quello di James Gray è un racconto dall'animo barocco,furbo e ingenuo nel contempo,nel descrivere attimi di vita presi in prestito da un passato lacero di emigrazione, poverta' e disperazione.
La sua New York echeggia in visuali "Padrinesche",nella scenografia curata al dettaglio,senza lasciare ai margini il dolore e lo sdegno dell'immigrata Eva,al quale è contrapposto il meschino e tormentato Bruno/Phoenix.
I personaggi guidati da Gray sono come sculture inanimate,guidate da un passato pregno di poverta' e disperazione.La meravigliosa Cotillard e il magnifico Phoenix sono disegni d'un tempo passato saturo di amarezza, sul quale si staglia una New York dal respiro migratorio, periferica e degradata. Nell'atmosfera satura di lacrime amare vi è un palcoscenico di vendita "carnale",dove il proprio corpo diviene strumento di speranza verso un legame interrotto.
Sopravviene poi la magia gioiosa,un ottimismo manifesto dall'ispirato Orlando/Renner,un "apparizione" illusoria e speranzosa,ma destinata a spezzarsi.......
"C'era una volta a New York" è un film dall'animo malinconico,parla la lingua d'un popolo disperato,ammassato nei dolori,dove anche un meschino pappone vive nella lacerazione piu' cupa.
Il respiro barocco della pellicola è un pezzo cinematografico raro,d'un classicismo puro e spontaneo,improntato sulla vena attoriale della Phoenix e di Cotillard come maschere d'un mondo di memorie.Un luogo d'un tempo che non esiste piu', riportato a galla da un Gray ispirato,sulla scia d'una regia formosa di emozione e amarezza,dove il viso di porcellana della Cotillard è il surplus del dolore.La sua New York è un palcoscenico di tragedie umane,rappresentata da una regia lineare e compatta,egregia nel raffigurare un romanzone melodrammatico,dignitoso nell'incedere e coinvolgente negli eventi.
Tra le pieghe disperate e dolorose c'è un eco di speranza,racchiuso anche nell'animo meschino e abbrutito di Bruno, dietro al quale si cela un universo di tormenti e dolori.Il dramma(one) dell'immigrazione d'una volta riemerge furentemente in quest'ottimo film,dove la sopravvivenza è un operazione di baratto.Il regista Gray ci regala uno spicchio lacero e sporco d'un umanita' forse per sempre scomparsa......
"C'era una volta un mondo (e un cinema) che non esiste piu'.....
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