Trama
Nel 1920, Ewa (Marion Cotillard) e sua sorella Magda lasciano la Polonia su una nave diretta a New York, alla ricerca di una vita e di un mondo migliori. Non appena arrivate a Ellis Island, i medici di controllo scoprono che Magda è malata e viene messa in quarantena, separandola dalla sorella. Vagando per le strade di Manhattan, sola e senza nessuno a cui rivolgersi, Ewa cade nelle grinfie dell'affascinante Bruno (Joaquin Phoenix), un uomo malvagio e crudele che prende il potere sulla sua vita e la costringe a prostituirsi. Quando ha perso ogni speranza di ricongiungersi con la sorella e tornare libera, Ewa conosce il disinvolto mago Orlando (Jeremy Renner), cugino di Bruno, in cui intravede l'unica possibilità per sfuggire dall'incubo che sta vivendo.
Approfondimento
C'ERA UNA VOLTA A NEW YORK: IMMIGRATI A NEW YORK NEL PRIMO NOVECENTO
In C'era una volta a New York il regista James Gray, autore della sceneggiatura con Ric Menello, segue la sua ossessione per il tema delle differenze di classe sociale, affrontando in particolar modo l'esperienza dell'immigrazione (con la nostalgia, l'angoscia e la trepidazione che comporta) collegata alle sue origini ebree russe. L'idea della storia raccontata è stata originata in parte da vecchie fotografie di famiglia scattate dal nonno di Gray, arrivato da Ostropol a Ellis Island nel 1923, e in parte da resoconti del bisnonno materno, gestore di un bar ristorante nel Lower East Side durante i primi decenni del Novecento, su un pappone locale.
Primo lungometraggio di Gray in costume, C'era una volta a New York vanta un cast tecnico di prim'ordine che trova nel direttore della fotografia Darius Khondji il suo deus ex machina. Oltre ad ispirarsi ai dipinti realisti della New York all'inizio del XX secolo realizzati da George Bellows e a quelli dei teatri di varietà di Manhattan realizzati da Everett Shinn, Khondji ha tratto fonte dalle fotografie scattate dall'architetto e designer italiano Carlo Mollino e da Il diario di un curato di campagna di Robert Bresson per conferire al film luce e colori dall'aspetto religioso. Concepito inoltre come un melodramma, C'era una volta a New York è puntato da brani di musica classica e di opera lirica di autori come Puccini, Gounod e Wagner.
I 34 giorni di riprese del film hanno avuto luogo a New York (comprese due notti di girato presso la storica Ellis Island) e agli studios Kaufman Astoria (nel Queens), e hanno richiesto l'aiuto di 200 membri della troupe e oltre 1000 comparse.
I PERSONAGGI PRINCIPALI
Al centro di C'era una volta a New York vi è Ewa, una immigrata polacca cattolica che arriva a Ellis Island negli anni Venti del Novecento e che è interpretata dall'attrice Marion Cotillard. Per la prima volta nella sua carriera, il regista James Gray sceglie un personaggio femminile su cui costruire un'intera storia e ciò è in qualche modo collegabile all'interesse di Gray per Suor Angelica, un'operetta di Puccini che il regista ha visto a teatro in un'edizione diretta da William Friedkin. Particolarmente colpito dalla situazione drammatica e carica di emozioni vissuta dalla donna protagonista dell'operetta, Gray ha cominciato a realizzare la figura della sua Ewa, capace al tempo stesso di essere vittima e artefice del proprio destino. A New York Ewa incontra due uomini esattamente all'opposto, due cugini nemici che rispondono al nome di Bruno, interpretato da Joaquin Phoenix, e Orlando, impersonato invece da Jeremy Renner. Sfuggente e mutevole manipolatore, Bruno è l'orrendo antagonista che spinge Ewa sulla via della prostituzione mentre Orlando, che di professione fa il mago (il personaggio è ispirato al mentalista Ted Annemann), è il classico eroe romantico capace però di essere anche un piantagrane per via della componente autodistruttiva della sua personalità.
LA VERA ELLIS ISLAND
C'era una volta a New York è il primo film della storia del cinema ad essere girato nell'isola di Ellis, un vero e proprio centro di accoglienza per gli immigrati. Nonostante in Il ribelle dell'Anatolia di Elia Kazan e in Il padrino - parte II di Coppola, Ellis Island sia parte integrante della storia, nessuno dei due registi ha avuto il permesso di girare sul luogo, dovendosi accontentare di accurate ricostruzioni in studio.
Note
Gray fa cinema neoclassico, umanista, con un senso per la tragedia in minore. Guarda a vecchie polaroid, a "Il padrino Parte II", a immagini di avi emigrati, al mélo di Borzage. Un cinema che crede nell’umiltà del linguaggio, nei 3 atti della narrazione, nella superficie del classico, nelle emozioni trattenute nei gesti accumulati, in un Cinemascope su cui si stampano insieme, soffusi, i chiari e gli scuri di caratteri miniati lentamente. Fino a compiersi nel miracolo di un’inquadratura finale in cui c’è tutto il nitore di questo cinema, terso, abbacinante, struggente.
Trailer
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Commenti (6) vedi tutti
Bel passo indietro rispetto al capolavoro Two Lovers! Pot-pourri neoclassico anacronistico (2013 d.C.), politically correct, certo non brillante. Script canonico e debole, vede nella NY del Padrino le tre figure de La Strada inscenare un melò oscillante tra Visconti e Scorsese (ma i modelli restano distanti). Gray confermerà il declino in seguito.
commento di Inside manGray ha fatto sicuramente di meglio ma anche questo è grande cinema che ci rimanda alla classicità di molti grandi registi del passato. Magmatico e duro, è un debordante thriller morale che scivola spesso (volontariamente?) nel melodramma che riesce però a farci sentire addosso tutto il peso della colpa. Ottima la ricostruzione d’epoca.
commento di (spopola) 1726792Non solo ricostruzione precisa delle circostanze storiche e delle relazioni di dominio che si delineavano fra chi poteva decidere della vita altrui e la folla dei diseredati, pronti a tutto, arrivati a New York dall'Europa orientale negli anni '20 per cambiare la propria vita.
leggi la recensione completa di laulillaPolpettone soporifero dal finale frettoloso, servito da una Cottilard più imbalsamata del solito nella sua consueta espressione saturnina.
leggi la recensione completa di barabbovichBravi tutti, bella e ben illuminata New York anni '20 ma non mi ha coinvolto, troppo artificioso. Mi piacque molto invece Two lovers.
commento di marco biNon è nulla di che, il cast vale ma la storia, no.
leggi la recensione completa di tobanis