Regia di Chan-wook Park vedi scheda film
Stoker, il cognome della famiglia del film, evoca Bram Stoker (lo scrittore irlandese ottocentesco inventore del Conte Dracula), alludendo - con ogni probabilità - all’atmosfera torbida e oscura che connota, senza vampiri, questo film.
Al centro della pellicola è l’uscita dall’adolescenza di India (Mia Wasikowska), giovinetta educata a vivere - come un cacciatore - coraggiosamente e all’aria aperta dal padre affettuoso e molto amato, Richard Stoker (Dermot Mulroney), morto in un incidente il giorno del suo diciottesimo compleanno.
India ne era stata profondamente turbata e aveva reagito inasprendo il proprio carattere selvaggio e spigoloso e ponendosi più apertamente in conflitto con la madre Evelyn (Nicole Kidman) – detestatissima – e persino con i suoi compagni di scuola.
Aveva assistito ai funerali di Richard, tenendosi lontano dal gruppo dei familiari, il fratello Charlie (Matthew Goode), arrivato dall’Europa: iI suo aspetto e i suoi modi sembravano un po’ strani e misteriosi, così come pareva singolare il suo interesse a trattenersi nella casa del fratello scomparso, dove aveva iniziato a corteggiare Evelyn, nonostante l’ostilità palese della figlia, a sua volta incuriosita e attratta dallo strano ospite del quale nessuno le aveva mai parlato.
India era in grande difficoltà, come molti ragazzi che, a quell’età devono affrontare la vita reale dopo l’adolescenza, mentre ancora vivono con crescente inquietudine i cambiamenti del proprio corpo, percepito anche come fonte di oscure e sconvolgenti pulsioni erotiche e aggressive.
Ora l’odio di sempre per la madre assumeva confusamente l’aspetto della rivalità amorosa mentre rimaneva da chiarire la natura del fascino che lo zio ritrovato esercitava su di lei, nonché i motivi per i quali l’uomo fosse improvvisamente riapparso in famiglia, dove, dopo il suo arrivo, erano scomparse alcune persone che ne facevano parte.
Per la dolcezza dei modi e per le tenere attenzioni che le dedicava, Charlie pareva quasi una figura sostitutiva del padre, ma in realtà la sua tenerezza assumeva caratteri sempre più ambigui, trasformandosi in un’ossessiva passione perversa, capace di svegliare i sensi della giovinetta e di suscitarne la curiosità e il desiderio amoroso.
Che questa oscura attrazione fisica fosse strettamente congiunta anche al sangue e al delitto, India lo avvertiva confusamente, come un destino scritto nell’eredità familiare, una malattia inconfessabile della propria personalità, che Charlie era stato capace di rivelarle, come uno specchio rivela ciò che di noi non possiamo o non vogliamo vedere, il nostro doppio.
Tutto ciò viene detto nel film attraverso immagini di grandissima eleganza e di evidente simbolismo: un insetto un po’ ripugnante si infila sotto le gonne di lei che si accinge a suonare; Charlie le insegna a bere il vino dal colore rosso sanguigno; Charlie le insegna anche a suonare il piano a quattro mani, in una delle scene erotiche più violente ed espressive che io ricordi, anche se mantenuta sul piano allusivo del simbolo e mai apertamente esplicitata.
I turbamenti di India diventano, dunque, oggetto di un’indagine psicologica accurata e raffinatissima, condotta con grande perizia dal regista, che racconta i misteri della famiglia Stoker, riuscendo a catturare sempre la tesa attenzione degli spettatori con eleganza hitckockiana – come è stato autorevolmente rilevato – riservando la sorpresa di un finale che mai appare prevedibile, più che mai apprezzabile in un thriller ad alta tensione erotica, come questo.
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