Regia di Chan-wook Park vedi scheda film
I primi 20 minuti trascorrono tra le stanze della gigantesca residenza dove madre (Kidman) e figlia (Wasikowska, già trascurabile co-protagonista nel mediocre L'amore che resta) vivono da sole all'indomani della morte del marito/padre, con la domanda estenuante: "India, dove sei?" Non siamo in una biopic di Vasco De Gama, ma in un thriller psicologico per onanisti dello splatter (non a caso ci spunta anche un servizietto sotto la doccia) con la protagonista che, per l'appunto, si chiama India (che Dario Argento, con la sua Asia, abbia fatto scuola?). La ragazzetta, che è una diciottenne perennemente imbronciata, campionessa olimpionica di conficcamento di matite nelle teste altrui, si ritrova in casa quello psicopatico dello zio (Matthew Goode, odioso peggio che in Match point), accorso per i funerali del fratello (di lui) e padre (di lei). Come se non fosse sufficiente la faccia plastificata di una Nicole Kidman che rende risibili persino i ritocchi di Renato Balestra e del catramato, alla ragazza tocca anche qualche giorno di convivenza con lo zio fighetto, che non fa alcun mistero delle sue pulsioni incestuose e, nell'attesa dell'entrata in campo con la ragazzina, fa gli esercizi di riscaldamento con la madre. Ci sarebbe da raccontare il resto della trama per distogliere qualche potenziale spettatore dall'andare al cinema a guardare questa boiata, ma poi ci sarebbe il solito tronfietto pronto ad accusarmi di spoiling sulla community di FilmTv e quindi lascio perdere.
A parte dunque l'atmosfera tanto morbosa quanto posticcia che aleggia dalla prima all'ultima inquadratura del film, c'è da dire che la trasferta americana del sudcoreano Park Chan-wook, già autore dell'orribile Old boy, cerca vanamente la giusta cifra registica ispirandosi all'Hitchock de L'ombra del dubbio con immagini ricercate, scelte visive laccate a sostegno di un plot narrativo che fa acqua da tutte le parti e che serve solo a mettere in gara la follia omicida di due menti perverse.
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