Regia di Andrzej Wajda vedi scheda film
Negli anni '70 la Polonia, già poverissima e ancora in cerca di una ripresa dopo la catastrofe della II Guerra Mondiale, era sull'orlo del baratro. Attanagliato da una crisi economica senza respiro, con salari da miseria e una condizione politica da colonia dell'Unione Sovietica, il Paese cominciò a smuoversi grazie allo sciopero degli operai del cantiere navale di Danzica, avvenuto nel 1980 e guidato dall'elettricista Lech Walesa (Wieckiewicz). Lo protesta proseguì a oltranza e, nonostante il diktat sovietico, portò progressivamente all'acquisizione di maggiori diritti e alla formazione di un sindacato di impronta cattolica come Solidarnosc, guidato dallo stesso Walesa. Ci vollero poi quasi dieci anni prima di ottenere libere elezioni, che portarono alla presidenza lo stesso Walesa nel 1990, nel momento in cui i continui scossoni del popolo polacco intaccarono irrimediabilmente, complici anche Glasnost e Perestrojka di Gorbaciov, il blocco sovietico sottomesso. Ci voleva un regista polacco gallonato come Wajda per ottenere una biopic di uno degli uomini chiave per spiegare il secolo breve. Peccato che qui sia tutto sotto misura e che l'occasione non avrebbe potuto essere sprecata peggio, a cominciare dal montaggio alternato tra i fatti ricostruiti cronologicamente e l'intervista che Walesa, leader carismatico molto sui generis (lui e la sua famiglia, ben sei figli, soggiornavano in poco più di due camere e cucina), concesse a Oriana Fallaci, interpretata con mutria cimiteriale da Maria Rosaria Omaggio (al cinema non la si vedeva dai tempi del pessimo Guido che sfidò le Brigate Rosse). Il resto si limita a un bozzettismo elementare, colpa di una sceneggiatura a groviera che si preoccupa più di mostrare le difficoltà del protagonista a conciliare vita pubblica e vita privata che non di approfondire i nessi storici e sociali, trascurando quasi completamente il ruolo che nella vicenda di Solidarnosc e nell'abbattimento del comunismo ebbe il criminale Karol Wojtyla. E se sul piano dei contenuti il film è un autentico scult, su quello della forma le cose, possibilmente, vanno ancora peggio: recitazione meno che amatoriale, movimenti nervosi e incerti della macchina da presa, alternanza di bianco e nero e colore senza una sintassi decifrabile, colonna sonora tra le più orrende che si siano mai ascoltate.
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