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Walesa - L'uomo della speranza

Regia di Andrzej Wajda vedi scheda film

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La recensione su Walesa - L'uomo della speranza

di OGM
6 stelle

Il titolo agiografico crea aspettative sbagliate. Tutti, probabilmente, rimarranno delusi: gli spettatori desiderosi di assistere alla commovente celebrazione di un eroe della storia contemporanea, e i critici ansiosi di stroncare la solita opera retorica, intrisa di una troppo facile demagogia libertaria. Questo biopic si muove, forse per eccessiva prudenza, sul terreno incolore della narrazione che si guarda bene dall’azzardare interpretazioni, ed usa la soggettività solo di riflesso, come accento psicologico che conferisce al ritratto un vago carattere di autenticità, anche se, magari, ha l’apparenza di un maldestro fotoritocco. La vita privata e la personalità del leader di Solidarno??  si devono cogliere fra le righe di una cronaca che, nella sostanza, è un rapido ripasso del noto, un riassunto dei fatti che tutti sanno e che molti ricordano per averli seguiti, all’epoca, attraverso le immagini dei telegiornali. Gi eventi ritornano, nel film di Andrzej Wajda, in una copia fedele all’originale, però caricata di un’importanza nuova, derivante dalla coscienza che il protagonista ha di sé, della sicurezza che ostenta nell’intervista rilasciata alla giornalista Oriana Fallaci, e del coraggio incondizionato che costituisce l’unico vero filo conduttore del suo operato. La storia di Lech Wa??sa si propone come una saga dell’inflessibilità, assoluta e infinitamente amata da un popolo oppresso, stanco ed affamato. L’anticomunismo cattolico della Polonia degli anni ottanta perde, tuttavia, la veste romantica dello spirito guerriero per convertirsi al registro del reality ad effetto, incentrato sull’uso aggressivo ed invadente della parola, nei comizi, nei diverbi, nei negoziati, negli interrogatori.  Il movimento che, come si legge nel commento finale, ha dato origine ad una nuova Europa,  si direbbe nato e cresciuto in un immenso talk show, che ha invaso le piazze, è rimbombato nelle stazioni di polizia, ed ha continuato ad urlare anche nella clandestinità e dentro le pareti domestiche. La lotta è essenzialmente una voce che si alza per gridare ciò che i più vogliono sentire, ma che una minoranza, per contro, non approva e finanche teme. Dall’altro lato della barricata vi sono le autorità governative, i capi del partito, ma, spesso, anche la povera Danuta, la consorte del famoso combattente, che, per lei, rappresenta una costante fonte di guai, che si fa licenziare e ripetutamente arrestare, e la cui celebrità finisce ben presto per compromettere la tranquillità familiare. Il mito venuto dal nulla, che altera la normalità, e la rende rabbiosa e un po’ esibizionista, riempie vanitosamente lo schermo, lasciando in ombra il contorno, la situazione economica e sociale del Paese, il contesto internazionale, le condizioni che hanno trasformato la ribellione nei cantieri navali di Danzica nella scintilla di un cambiamento epocale. Ma questo restringimento del campo non serve a mettere a fuoco i dettagli nascosti, le piccole cose  che potrebbero risultare sorprendenti o rivelatrici. In  Walesa –  L’uomo della speranza  non c’è spazio per chi vorrebbe capire o anche solo emozionarsi: il romanzo è chiuso nella mascolina asciuttezza di un tono dignitosamente sofferto, ma troppo declamatorio per tener conto delle inevitabili sfumature del dubbio, e per richiamare alla mente il vero dolore. 

 

Questo film ha rappresentato la Polonia agli Academy Awards 2014.

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