Regia di Andrzej Wajda vedi scheda film
Un'esistenza suggestiva quella di Lech Walesa, da operaio "sfornafigli" in crisi lavorativa ed economica, passando per sindacalista leader ed infine giungere all'apoteosi di presidente polacco.
Quella di Walesa è una parabola esistenziale di quelle rare, d'un personaggio naif e controtendente, un rivoluzionario nell'animo che non ha smesso mai di credere. Il novantenne Andrzej Wajda da ultimo "baluardo" d'un cinema dell'est "che fu", narra quest'esistenza "sui generis", componendo un lucido quadro politico/sociale.
E' una Polonia in pieno regime socialista quella dove il fiero elettricista presta servizio nei cantieri navali. Wajda sceglie saggiamente di ritagliare lo "spazio" vitale di Walesa nell'unico spazio di una stanza. Il film comincia infatti dalla celebre intervista concessa alla grande giornalista Oriana Fallaci. Un incontro/scontro di personalita' forti e caricate di toni arditi è quello che ammiriamo nel primo passaggio. Robert Wieckiewicz e Maria Rosaria Omaggio come identiche "nemesi" d'un incontro giornalistico storico e necessario, di quelli che oggi ci sogniamo col binocolo. Ottima scelta quella di affidare il corpo e sopratutto l'inconfondibile "voce" della Fallaci all'attrice teatrale Maria Rosaria Omaggio.
Poco conosciuta nei circuiti del cinema, la Omaggio rende onore a una grande figura del giornalismo italiano, simbiotica e misurata nell'impersonare un ruolo non facile.
La controparte maschile assume invece il carisma e la fisicita' burbera d'un uomo coraggioso e intraprendente qual'è stato Walesa.
Tutto l'inizio si condensa nella stanza, tra dibattiti accesi e "memorandum" d'una vita difficile, l'intervista della Fallaci ci restituisce una serie di fotogrammi d'un epoca socialmente dura ma fortemente intrisa d'impegno e idealismo.
Wajda utilizza dettagliatamente scampoli di cinema "televisivo" nella forma, che tuttavia appassionano nell'incedere elastico degli eventi.
Una storia che scorre energicamente nell'urlo rivoltoso d'una classe operaia oppressa dalla dittatura, che in Walesa trova un "faro" in grado di scombinare un sistema rigido.
"Walesa Man of Hope" è un prodotto strettamente "classico" nel rievocare i grigi periodi del socialismo, li ricostruisce formalmente, utilizzando comunque una lettura "innovativa" e antica nel contempo, nel regalare inframezzi di flashback con immagini da repertorio.
Il trionfo finale di Walesa è il paradigma d'una vita da "sognatore", quella d'un eroe moderno la cui odissea si presta magnificamente al cinema. Il maestro Wajda era forse l'unico in grado di comprendere meccanismi e congetture d'un barbaro
sistema politico, servendosi di attori e location dal tocco originale che ci regalano uno scampolo di popolo che grazie all'energia d'un grande uomo non smettera' mai di credere.
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