Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film
Una frustata che ci riporta indietro di tre anni (un secolo fa), quando Berlusconi è convinto (ha saputo delle sue mestruazioni “attive”) che la giovane sia più viva che mai, al punto che - volendo - potrebbe pure partorire. Un senatore del Pdl (si chiama Uliano Beffardi...) vorrebbe votare contro, ma i compagni di partito lo isolano. Laico come si dovrebbe sempre perché «non si governa senza il Vaticano». Lasciando a tutti il diritto di scegliere e di ponderare. Gli ultimi giorni di Eluana Englaro (3/9 febbraio 2009) sono (ri)vissuti da Marco Bellocchio come una Passione di Cristo (Alba Rohrwacher, Maria, asciuga il suo viso bagnato d’acqua con un fazzoletto/sudario e prima di fare l’amore pone la collana/crocefisso sulla schiena; Maya Sansa è una sorta di Maria Maddalena; Servillo - quasi persuaso - un dubbioso Ponzio Pilato) dove tre storie parallele che non s’intrecciano mai ma che hanno molto in comune, rilanciano e dipanano molte questioni. Non è morta, ma dorme e comunque i cattolici puntano molto sulla resurrezione. «Lasciatemi tornare alla Casa del Padre» disse il Wojtyla sofferente poco prima di morire: «Era una battuta» risponde, piccato, il cristiano contrario all’eutanasia. Tra Il pianto della Madonna di Jacopone da Todi e una Isabelle Huppert nei panni quasi di se stessa (ovvero Divina Madre, una ex attrice ritiratasi dalle scene per accudire la figlia in stato vegetativo) il solenne spaccato contemporaneo del grande regista di Vincere disorienta e ingarbuglia le carte (l’attrice francese compare in Tv in La storia vera della signora dalle camelie di Bolognini), sgomenta e sbalordisce una volta di più, sconvolge e complica i pensieri e le riflessioni. D’altronde è questo il compito del cinema. Caratteristi non comparse. E molta Storia del Cinema da quelle parti: Tognazzi (Gian Marco), Placido (Brenno che eredita il testimone del padre Michele, protagonista di Marcia trionfale e Salto nel vuoto), Herlitzka (che era Aldo Moro in Buongiorno, notte e che qui è uno psichiatra sintesi di tutti gli psichiatri del cinema e delle esperienze di Bellocchio: «La vita è una condanna a morte e bisogna sbrigarsi»), L’ora (doppia) di religione, Amore e rabbia (che doveva intitolarsi Vangelo ‘70), Nel nome del padre. In una lucida ricerca di senso e di se stessi (mai viste tante carte d’identità in un film: «Ricordati il documento», «Il suo documento, signorina»...). Il Fabrizio Falco di È stato il figlio (l’algida fotografia di Bella addormentata è di Daniele Ciprì) è il nipote del Lou Castel di I pugni in tasca. E ciò che importa non è l’immagine («Una cosa completamente priva di significato!»), ma che la Rossa (Sansa), colta addormentata in una chiesa all’inizio del film, alla fine si “risvegli”.
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