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Bella addormentata

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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La recensione su Bella addormentata

di michemar
8 stelle

Scuote le menti Marco Bellocchio, le menti intorpidite dalla politica narcotizzante di quei tempi, sollevando ancor oggi i quesiti e i dubbi di quei giorni, che si ripresentano ogni volta che scopri, leggendo il giornale o ascoltando un TG, un corpo inanimato che aspetta, aspetta al bivio se mettere la freccia a destra o a sinistra: la dolce, desiderata, finale morte oppure il dolce sonno incosciente che chiamano vita. A Bellocchio non va di dare risposte, pone la questione, neanche le domande, ma solo la vicenda che tutti conosciamo; anzi ne propone tre in più, parallele e sempre al femminile. Una bellissima ragazza bionda, una signora matura e una bellissima ragazza bruna; due in coma tenute in vita con farmaci, una in un coma diciamo mentale, essendo una tossica ormai considerata persa. Storie parallele anche se diverse per ambiente e per stato sociale, ed almeno due di queste hanno voglia di morire. Una ci riesce, con l’aiuto del marito, l’altra prova a suicidarsi.

Il film non dà soluzioni o certezze, anzi molti dei suoi personaggi sono addirittura contraddittori. Maria (Rohrwacher) è una ragazza molto religiosa, prega e manifesta a favore per vita di Eluana (figura che fa da filo conduttore durante tutta l’opera ovviamente), ma si concede in maniera facile e veloce al ragazzo appena conosciuto, quindi disinibita sessualmente: che fine fanno i suoi princìpi cattolici? Divina Madre (Huppert), attrice di grande fama e talento che non sale più sui palchi perché deve assistere sua figlia e che prega attorniata da suore credendo che urlando a squarciagola sempre più rosari possa arrivare il miracolo per la figlia in coma, ma si professa senza fede: quale coerenza nel suo comportamento? Rossa (Sansa) è una bella ragazza che ormai non può vivere senza “farsi”, da mattina a sera, ruba ed è disposta a concedersi pur di racimolare soldi per una dose; è tossica persa anche per i sanitari e preferirebbe morire e ci prova perfino ma alla fine è confortata dal senso di umanità di un dottore che vuole salvarla: è così facile salvare una persona che si giudica persa?

Lo spettatore viene catapultato immediatamente nel cuore del problema sin dalle prime scene, quando la gente fuori della clinica “Quiete” urla slogan pro e contro l’eutanasia. L’incipit è breve e la spinosa questione Bellocchio la presenta subito, e ci si rimane invischiati fino alla fine portando ognuno di noi, spettatori o no, alla speranza di non trovarsi mai nelle disperate condizioni di dover decidere ed è, penso, angosciante per ognuno immedesimarsi nelle storie raccontate.

In ogni caso il vero obiettivo di Bellocchio è stato di mettere alla berlina una politica (quella almeno di quei giorni) cieca fanatica cinica fino all’orrore (mister B. diceva in TV che Eluana avrebbe potuto perfino procreare…mormorio in sala), incapace di lasciare i parlamentari di scegliere secondo coscienza, come dovremmo far tutti noi. Una delle scene più paradossali, addirittura divertente, è quella del bagno turco in cui i senatori della nostra Repubblica sono immersi nell’acqua e il senatore-psichiatra descrive i suoi colleghi: "Sono smarriti, depressi, infelici, vagano per il centro senza sapere che fare, sentendosi inutili, terrorizzati dall’idea che la televisione non li chiami più." E difatti in seguito lo si vede prescrivere loro farmaci antidepressivi… Una scena a metà tra una inquadratura di alligatori nell’acqua e il discorso del colonnello Kurtz nel finale di APOCALYPSE NOW. Ma quello era il partito dell’amore e della minaccia, quella continuamente rivolta ai suoi rappresentanti se non votavano come ordinato dal loro Presidente. Il tutto culminato in aula dalle parole del senatore Quagliariello, il quale in piena trance faceva un appassionato discorso tanto retorico quanto tragicomico.

Il maestro Bellocchio ha dato prova della sua laicità in maniera corretta non menzionando mai il Vaticano e la religione cattolica, se si eccettuano le scene dei fedeli fanatici che si scatenano in manifestazioni davanti alla clinica. Ha messo davanti a noi il problema senza dare risposte e spetta quindi alla società, politica e culturale, risolverlo. Ho notato piuttosto la maniera divertita con cui ha dato il nome ad alcuni personaggi, facendoci sorridere: pensate un po’, il senatore che è quasi il personaggio principale della trama, si chiama Beffardi e il dottore (Pier Giorgio Bellocchio) che cura la tossica ha per cognome Pallido, scatenando per un solo momento l’ilarità della bella degente.

Il film è amaro, duro e spigoloso, stranamente (per me) addolcito da due zollette zuccherose finali che avrei risparmiato: quando la tossica riscopre i sentimenti (forse l’amore?) e quando il senatore Uliano Beffardi (Servillo) si rappacifica con la figlia, che capisce gli errori che commetteva. Erano necessarie queste due svolte nel contesto serioso e drammatico del film?

Bellocchio è un vero maestro e ha confezionato un’opera bellissima con la solita mano sicura, esperta, facendo lavorare un cast eccezionale, per nomi e rendimento.

Toni Servillo (è necessario precisarlo?) è il miglior attore vivente in Italia e tra i primi al mondo.

Isabelle Huppert non ha la possibilità di mostrare tutto il suo valore, ma la sua presenza è magnetica.

Maya Sansa è magnifica e ogni volta che la vedo in un film mi arrabbio perché la si vede così poco.

Pier Giorgio figlio del regista cresce ogni volta che lo vedo.

Roberto Herlitzka riempie lo schermo tutte le volte che parla, per la sua maniera tranquilla e naturale di recitare mi ricorda sempre il grande Eduardo.

Il resto del cast degli attori, su cui spicca Gianmarco Tognazzi, è bravo, anche se personalmente non riesco a sopportare il loro stile che trovo troppo “impostato” dalla scuola frequentata. Sarebbe meglio si lasciassero, a cominciare da Michele Riondino.

Nessun premio a Venezia? Neanche Kubrick e Hitchcock hanno mai vinto un Oscar! Ma il cinema italiano rimane grande.

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