Regia di Jhonny Hendrix Hinestroza vedi scheda film
Chocó è il nome proprio di una donna e di un luogo, protagonisti di un’opera prima dove il cortocircuito tra paesaggio umano e fisico si svela fin dall’inizio: un rogo - agognato, simbolico, premonitore - illumina a giorno la capanna, in una fiammata liberatoria che brucia gli abusi perpetrati dal marito alcolizzato e assente. Nel distretto colombiano dove il mercurio è l’esca velenosa per le miniere d’oro, Chocó mantiene a fatica i suoi bambini lavorando in un giacimento, promette alla figlia più piccola di esaudire il semplice, costosissimo desiderio della torta di compleanno. Finché non viene licenziata e si ritrova a elemosinare il dolce da un droghiere meschino e laido. Il compagno dissipa i pochi risparmi al gioco, lei cerca la forza per lasciarlo e trova un nuovo impiego nel cuore della foresta pluviale: abbandonando la via a senso unico che conduce i minatori a destinazione di sfruttamento, addentrandosi nel verde lussureggiante e selvaggio che sopravvive alla miseria, Chocó intravede una nuova vita come un miraggio. La dimensione del sogno è un’oasi che il regista coltiva su una strada a doppia corsia: la sua Colombia è luogo e sentimento, tenero e violento, resistente, tangibile e contraddittorio. Restituito in campi lunghi che affiancano il miracolo della natura paradisiaca e la maledizione del popolo intossicato (una ragazzina affetta da polidattilite, sorridente nel suo giardino segreto). Percorso da un realismo magico che si esplicita nell’attraversamento di un ponte: sospeso tra lo sconforto quotidiano e la bellezza possibile.
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