Regia di Timo Vuorensola vedi scheda film
2018: una spedizione statunitense atterra sulla superficie lunare. Il lato oscuro del satellite cela più vita di quanta ci si aspettava: i nazisti ci abitano dal 1945. Tra i crateri hanno costruito una fortezza, dove sintetizzano siero albinizzante e preparano l’invasione terrestre. La bella Renate insegna ai bimbi ariani la bontà del totalitarismo, proiettando Il grande dittatore in versione tagliata. L’intransigente Klaus le sottopone la combinazione perfetta del loro dna al posto dell’anello di fidanzamento. Quando l’astronauta Washington si avvicina alla base militare/spaziale, viene fatto prigioniero e sottoposto a studi approfonditi: oltre a esprimersi in un idioma incomprensibile (lo slang, ovviamente), mostra un eclatante difetto di pigmentazione (è nero, ovviamente). L’ovvietà è l’unico, mesto fil rouge di Iron Sky. Prodotto da tre Paesi, finanziato anche dalla comunità del Web, il film era stato lanciato da un teaser trailer appetitoso. Il binomio nazisti & dischi volanti suggeriva una satira esplosiva, implosa fin dai primi minuti. L’inizio demenziale alla Scary Movie si sfilaccia in una sequela di sketch stantii: la dolce maestrina spogliata dallo sbalzo di pressione, l’uomo nero albinizzato, la Presidentessa degli Usa sagomata su Sarah Palin. La cattiveria dev’essere stata espulsa dai buchi neri in sceneggiatura. L’inventiva dev’essersi asciugata nella folgorante frase di lancio. Resta una matrice videoludica difettosa alla voce “divertimento”. E Iron Sky ha l’impatto di una nocciolina lanciata nello spazio.
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