Regia di Terry George vedi scheda film
In mezzo c’è il mare. Il premio Oscar 2012 per il miglior cortometraggio live action va ad una storia in cui la riva è la frontiera tra due mondi, concreti o astratti che siano. Joe e Paddy, un tempo, erano amici per la pelle. Da bambini, quando la madre del secondo era morta, avevano stipulato un patto di sangue, col rito di pungersi un dito. Poi, nella loro patria, l’Irlanda del Nord, era iniziata la stagione delle bombe; dopo che Paddy, coinvolto per caso in una sparatoria, aveva perso un braccio, Joe era stato spedito dai genitori in America, presso uno zio. L’oceano aveva finito per separare per sempre le loro vite, scavando tra loro un profondo solco di incomprensione. Da allora – e sono passati più di venticinque anni – non si erano più visti. Ma un giorno Joe ritorna, in compagnia della figlia Patricia. Ritrova Paddy, che ha sposato Mary, la sua ex fidanzata, e si guadagna da vivere raccogliendo abusivamente i crostacei sulla spiaggia, durante la bassa marea. La sua vita si trascina faticosamente, nell’intervallo tra flusso e riflusso, e sul limite dell’illegalità. Nei suoi giorni, tutti uguali, strappati uno ad uno alla sua triste condizione di invalido, si è eternata quell’ambiguità in cui, dopo la partenza di Joe, era naufragato il loro rapporto. La lontananza aveva portato uno dei due ad infrangere l’impegno alla reciproca fedeltà che, fintanto che i due ragazzi erano rimasti uno accanto all’altro, sembrava dovesse davvero durare per sempre. Quando si rincontrano, il passato riaffiora, e si scopre che è diverso da come ognuno di loro, sulle opposte sponde dell’Atlantico, l’aveva immaginato. La separazione spaziale stravolge il senso del tempo: l’eco dei fatti che accadono dall’altra parte del globo giunge, prima o poi, siano a noi, ma ciò non basta a farci individuare l’esatto istante in cui essi hanno avuto luogo. A causa del ritardo con cui Joe e Paddy hanno ricevuto ognuno i segnali provenienti dall’altro, si sono immaginati storie diverse, e ne hanno tratto conclusioni senza effettivo riscontro nella realtà. Un equivoco che alla fine si chiarisce, davanti ad un fuoco da campo ed un boccale di birra, e viene istantaneamente dimenticato. I due lembi di una contraddizione tornano a combaciare, azzerando tutto il tempo che è passato. Essere di nuovo insieme cancella il ricordo di quella divisione, perché ci sono legami di fronte ai quali anche i confini più rigidi, come quello tra il bene e il male, tra la verità e la menzogna, svaniscono come neve al sole. In The Shore una struggente interpretazione di Ciarán Hinds stende il ruvido velo dell’amarezza su un ambiente già di per sé aspro e selvaggio: una terra incolta, sferzata dal vento e dalla mancanza di prospettive, in cui la lotta per la sopravvivenza costringe ad inghiottire il rancore, mentre induce istintivamente ad abbracciare, con il languido trasporto della rassegnazione, ogni sia pur timida fonte di calore umano.
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