Regia di Patrick Doyon vedi scheda film
La domenica è il più crudele dei giorni. Sembra pensarlo Patrick Doyon, l’autore di questo cortometraggio d’animazione, candidato al premio Oscar 2012. In un piccolo mondo grigio e stilizzato, il tempo libero è il momento in cui, cessate le preoccupazioni dei giorni lavorativi, si può dare sfogo al proprio cinismo. Succede al ragazzino protagonista del film, che, durante la messa, deposita nel cesto delle offerte una moneta schiacciata, posta sulle rotaie prima del passaggio del treno. Anche gli adulti fanno la loro parte, facendo festa in maniera conviviale, ma senza davvero mostrare interesse per il prossimo. Infine, anche il destino ci mette la sua, condannando un povero orso ad una orribile fine. Nei tratti essenziali ed aguzzi di questo cartone si scorge tutto il deserto di tristezza che la violenza lascia, incurante, dietro di sé. Un treno sfreccia in mezzo ad una manciata di case isolate, portando lo sconquasso in quella che potrebbe essere un’oasi di pace. Il progresso avanza e travolge tutto. Costruisce mastodontiche fabbriche, in mezzo alla compagna, per poi chiuderle e licenziare gli operai. Realizza strade dove circolano le automobili, nelle quali ognuno viaggia a bordo della propria solitudine, dimenticando, sull’asfalto, i resti di un coniglio finito sotto le ruote. Intanto il pianto della natura si confonde con l’insulso chiacchiericcio degli uomini, che continuano a vivere senza vedere, chiudendo, all’occorrenza, gli occhi, per poter sprofondare nelle proprie personali illusioni. Qualcuno ha osservato che quella di Sunday, in fondo, è una brutta storia, e pure raccontata male. In effetti l’impatto visivo, con quel tratto nervoso ed abbozzato, è secco e ruvido, e lo si direbbe impastato delle aride scorie della depressione. Ma questo è il linguaggio che meglio si addice al rovescio della realtà, quello che l’indifferenza si rifiuta di conoscere, e che, restando sepolto nel sottobosco della quotidianità, si materializza in polvere, data da mangiare ad un bambino che nessuno ama.
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