Regia di François Truffaut vedi scheda film
La delicata complessità dell’universo infantile è una sfida al mondo degli adulti, che, però, il più delle volte, rifiutano il confronto, trincerandosi dietro una barriera da cui esercitano la loro azione protettiva o autoritaria. Eppure il muro di incomunicabilità non basta a nasconderli agli occhi dei bambini, per i quali, invece, sono figure di riferimento pubblicamente esposte in vetrina. Sono modelli da imitare, di cui, magari per gioco, si copiano anche gli atteggiamenti pericolosi e sbagliati. Sono infatti i più piccoli le vittime indifese delle nostre leggerezze, della nostra incapacità di considerare questa “fascia inferiore” della società come un mondo contiguo al nostro, e come il morbido e fecondo substrato della nostra esistenza: quel microcosmo è, infatti, paragonabile alla terra, da cui tutti proveniamo, su cui tutti camminiamo e in cui tutti, magari inconsapevolmente, continuiamo, ad ogni gesto e ad ogni passo, a spargere sementi. I bambini sono, nel contempo, il nostro passato ed il nostro futuro, ed incarnano sia il tesoro dimenticato di ciò che eravamo, sia la luce che illuminerà, dopo la nostra dipartita, il prosieguo della strada che abbiamo tracciato. È assurdo, dunque, non riconoscerci in loro, e non avere, per loro, quella rispettosa attenzione e quella scrupolosa cura che vanno dedicate a tutte le fragili realtà in divenire. L’argent de poche riassume, nella venale metafora della paghetta, tutti i beni che i genitori dispensano ai figli, e gli insegnanti ai loro allievi, e che sono solo merce impersonale, spendibile nel mondo come i soldi o l’istruzione, ma priva della calda impronta dell’affetto e dell’amoroso sforzo di abbassare lo sguardo al di sotto del solito orizzonte, per mettere a fuoco la nuova vita che cresce lentamente ai nostri piedi.
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