Regia di Fabiana Sargentini vedi scheda film
Nel modo leggero e liquido con cui l’acquerello si posa sulla carta può racchiudersi l’intero movimento di un film: un passaggio lieve, il colore che si staglia netto e sfuma poi sulla superficie.
Non lo so ancora è come i disegni che ne accompagnano l’andamento, un bozzetto, un piccolo film girato con pochi soldi e in pochi giorni su due personaggi fragili e sul loro incontro fugace. Una giovane donna in attesa di sapere se potrà essere madre, un anziano signore forse malato, una giornata di sospensione che dall’iniziale incidente porta a un’amicizia affettuosa, a una nuotata, un pranzo, un regalo, un ballo, una notte sotto lo stesso tetto. Lo spazio intimo di queste due figurine è la città di Levanto, la loro relazione una casuale ma ideale corrispondenza di sensi, il loro dialogo un insieme di gesti e sguardi che Donatella Finocchiaro e Giulio Brogi esprimono con intensità soprattutto quando escono dal tracciato di un copione molto scritto.
All’origine c’è l’incontro simile fra Fabiana Sargentini, all’esordio nella finzione dopo diversi documentari (due dei quali dedicati proprio al tema della maternità), e Morando Morandini, autore della sceneggiatura con la stessa regista e Carlo Pizzati: una lettera, la proposta di lavorare insieme, un’amicizia che nasce, un film che prende forma poco alla volta, consapevole, immaginiamo, dei propri limiti, ma tenacemente affezionato al proprio umanissimo ottimismo.
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