Regia di Gilles Bourdos vedi scheda film
Costa Azzurra, 1915: nel paradiso bucolico della sua dimora, Auguste Renoir, maestro impressionista agli ultimi anni di vita, accoglie il candore solare di Andrée, modella, attrice e poi musa. Segnato dal lutto per la scomparsa della moglie, l’uomo affronta l’atteso ritorno di Jean, il figlio 21enne ferito dalla Grande Guerra, prossimo fondamentale autore del cinema francese. Atteggiamento olimpico dell’uno e caos emotivo dell’altro, scontro generazionale ed educazione emotiva, passato che pesa sul presente insieme ai non detti, la brutalità della realtà (nella poesia del paesaggio irrompe la natura sanguinante, la malattia progredisce, le ferite si rimarginano lentamente) e il rifugio nell’arte, insieme grazia taumaturgica e motivo vitale. E l’amore, sotto forme differenti: perché Andrée è oggetto del desiderio di padre e figlio, oltre che testimone del rapporto tra due personalità gargantuesche nella Storia dell’Arte e del Cinema. Gilles Bourdos, al quarto lungometraggio, dipinge un quadro biografico come bignami del cinema arty comanda (vedi il simile Séraphine): conflitti universali in personalità straordinarie, virtuose interpretazioni mimetiche degli attori, confezione accademica e cuore didattico. Solo la fotografia di Mark Lee Ping Bing (abituale collaboratore di Hou Hsiao-hsien) cerca a tratti di uscire dall’elegante medietà, nei momenti (rari) in cui cerca di riproporre la visione estetica dei personaggi.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta