Regia di Leonardo Di Costanzo vedi scheda film
Leonardo Di Costanzo fa il suo esordio nel lungometraggio di finzione portandosi appresso l'esperienza da documentarista. L'intervallo infatti è uno sguardo ravvicinato su una situazione che si prefigura come reale e veritiera, restituendo una fotografia lucida delle limitazioni delle regole di una periferia dove la legge del gruppo di appartenenza è l'unica da rispettare. La sceneggiatura, a cui collabora Maurizio Braucci - esperto di ambientazioni camorristiche -, ci porta a Napoli, dove gli scagnozzi della camorra limitano le scelte e impongono diktat. In un universo in cui quasi tutti sono privati del potere di decidere, l'adolescente Veronica ha commesso l'errore di innamorarsi del ragazzo sbagliato, membro di una famiglia rivale. Per farle cambiare idea, il capoquartiere Bernardino ha ordinato il suo sequestro e la sua prigionia nei labirinti di un manicomio ormai abbandonato, le cui stanze riecheggiano di tormenti espiati e anime che faticano a trovar riposo. A farle da guardia per un giorno è Salvatore, 'o scemo o 'o chiattone come lo definisce Veronica, un coetaneo che per campare aiuta il padre con il chiosco delle limonate. In cambio di 50 euro, Salvatore deve evitare che Veronica fugga ma lentamente instaura con lei un rapporto di amicizia che finisce per trasformare entrambi.
Nella lunga giornata formativa che trascorrono insieme, Salvatore e Veronica imparano a conoscersi, a condividere sogni, speranze e disillusioni. Si osservano e si scrutano a vicenda fino a quando, come cardellini rinchiusi nella stessa gabbia, giocano e hanno quasi paura di ritornare liberi. La visita al manicomio nasconde piccoli laghi su cui navigare e ampi giardini in cui perdersi, cani che hanno cercato riparo per mettere alla luce la loro progenie e topi che fuggono di fronte alla presenza dell'uomo. Piena di sé e di orgoglio, Veronica non accetta che qualcuno le imponga cosa fare, la sua indipendenza vale anche la morte e la sua unica paura è quella di finire come Gelsomina Verde, rinchiusa in manicomio solo perché rimasta incinta a 15 anni di un uomo che non doveva nemmeno avvicinare. Salvatore, invece, è remissivo, è il suo esatto contrario ed accetta senza batter ciglio tutto ciò che viene lui imposto e suggerito. Sogna di fare lo chef ma vende limonate, vorrebbe lasciar andar via Veronica ma deve obbedire ai suoi "capi", tenta accenni di reazione ma poi si trincera nel suo silenzio.
Veronica e Salvo diventano lentamente parte integrante dell'ambiente fisico che li circonda. In L'intervallo non sono le scenografie ad adattarsi ai personaggi ma accade viceversa: i personaggi entrano tra le mura del manicomio, si persono nelle cantine e nel giardino. La telecamera a mano li segue da vicino e ne viviseziona ogni emozione rivestendoli della luce che la natura dona loro. Illuminati dai raggi di sole che filtrano da una finestra o tra le foglie degli alberi, i due personaggi vivendo la loro pausa dalla realtà circostante si fondono con gli sfondi e le pareti di un palcoscenico post-neorealista che non lascia spazio agli artifici.
Il finale, lucidamente privo di speranza, costringe Veronica e Salvo a rimanere prigionieri della vita, nel ricordo dell'intervallo che hanno vissuto: si è più liberi di essere se stessi dietro la costrizione del "carcere" che per le vie di Napoli. Paradossalmente, come il prologo ci aveva già avvisati, esistono passerotti o usignoli che scelgono di rimanere in gabbia anche quando hanno la possibilità di volare via.
Voto: 8
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