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War Witch

Regia di Kim Nguyen vedi scheda film

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La recensione su War Witch

di OGM
8 stelle

“Il fucile è tuo padre e tua madre”: è con queste parole che alla dodicenne Komona insegnano a fare la guerra, subito dopo averla costretta ad uccidere i suoi genitori. Le mettono in mano un’arma ed ecco che la bambina diventa una di loro, una guerrigliera che attraversa la foresta imbracciando un mitra, pronta a sparare a vista ai soldati dell’esercito regolare. Succede ai giorni nostri, in un non meglio precisato Paese dell’Africa sub-sahariana. I ragazzini vengono strappati alle famiglie ed inviati a combattere. Come quell’adolescente albino che tutti venerano come un mago, perché produce amuleti chiamati grigri, in grado di proteggere dalla sventura chiunque li porti al collo. La stessa Komona è considerata una strega, da quando vede gli spiriti dei defunti, che la mettono in guardia contro il nemico. Nella giungla il fantastico è la parte incantata di un orrore senza fine, ancestrale eppure tragicamente moderno, figlio di un mondo spezzato dalla rivalità e dalla sete di potere. Dietro la rivolta si scorge il germe di una crisi d’identità, di una tradizione culturale che non è più ricchezza e chiede di essere sostituita con gratificazioni più concrete, fossero anche i brutali piaceri della carne, posseduta, lacerata, divorata. Komona si trova al centro di desideri umanissimi e bestiali, di istinti degenerati ma radicati in una religiosità ispirata alla natura, dove la ferocia è manifestazione di un’energia creatrice.   Grande Tigre è il nome del capo dei ribelli, Macellaio è il soprannome di suo zio, ed il ventre di Komona, ingravidato dal disprezzo per la sua dignità di donna, è fecondo di vita ed ansia di vendetta. Tra la giungla ed il deserto si cerca il nuovo distruggendo l’amore a suon di umiliazioni e colpi di machete. Intanto la superstizione svolge la doppia funzione di alchimia consolatrice ed oscurantismo che istiga al massacro.  Bisogna offrire un gallo bianco per avere in sposa la ragazza prescelta: un dono introvabile, che comporta un sacrificio ed una prova di coraggio, mentre consacra l’ideale dell’uomo cacciatore. Si vive da prede o predatori: e, incastrata tra i due ruoli opposti, l’uscita dall’infanzia si compie, per Komona, nel flusso e riflusso del dolore e della colpa, che la vede, alternativamente, nelle vesti di vittima e di assassina. Per lei, crescere significa continuare a morire dentro. Il regista Kim Nguyen porta la macchina da presa nel polveroso habitat di un’umanità inselvatichita ma terribilmente lucida, abile tanto nel mirare l’obiettivo, quanto nel mettere a fuoco le visioni ultraterrene. La sua percezione della realtà è acuta e tagliente come le lame affilate usate per spargere il sangue. Il suo sguardo punta oltre il sentimento individuale per indirizzarsi verso un assoluto in cui il ricordo è messo al bando e le emozioni sono proibite. Sopravvivere equivale a cancellare il passato, dimenticando che tutto ciò che esiste è nato dal terrore. Come quel bambino non voluto che Komona porta nella pancia, e al quale lei, a dispetto della regola dell’oblio, decide di raccontare la sua storia. La ribellione vera parte dalla presa di coscienza del vissuto. Komona non rinnega le sue origini, i suoi delitti, le ingiustizie subite. Tornerà indietro a chiudere il cerchio, perché solo così il tempo potrà andare avanti senza perdersi. War Witch è un cruento vagabondaggio attraverso il male che sgorga, all’improvviso, dalla terra, come un’erba selvaggia, mentre l’acerba poesia della gioventù la innaffia di lacrime e, miracolosamente, la trasforma in fiore.

 

War Witch è il candidato canadese agli Academy Awards 2013. Ha ottenuto la nomination all’Oscar per il migliore film straniero.

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