Regia di Jacques Audiard vedi scheda film
Riprendersi la vita attraverso il cinema e le emozioni. Filmarle mentre appaiono in uno sguardo, in un volto. Esprimerle con la luce del giorno, il suo riflesso in miriadi di scintille marine, cogliere le cose più difficili da guardare, perché nascoste, interne e dargli una forma filmica che diventa immediatamente battito del cuore. Il cinema di Jacques Audiard è profondamente emotivo, il regista ha trovato un linguaggio (macchina a mano, dettagli, primi piani, rallentamenti, improvvisi silenzi e esplosioni musicali) che lavora sulle superfici delle cose (e la loro luce riflessa) e dei corpi per poi accompagnarci al loro interno e allora le immagini diventano vive e pulsanti, fisiche nel loro essere espressione di qualcosa di fragile e umano, violento e reale. Possono essere i pugni di Ali (Matthias Schoenaerts), il suo corpo sudato e muscoloso, carico di adrenalina durante un combattimento clandestino o le mani di Stephanie (Marion Cotillard), quando sulla sua sedia a rotelle ripete i gesti che faceva un tempo, prima dell’incidente che l’ha privata delle gambe, durante i suoi spettacoli acquatici.
Ed è l’attrazione fra i loro corpi a riempire la distanza che li separa, prima con il contatto fisico (la sequenza del bagno al mare), poi con il sesso (la parola magica opé) e alla fine con i baci, perché è solo quando le labbra si toccano, che per Stephanie, può avere inizio l’amore. Ed è nell’avvicinarsi di questi due personaggi, nel loro incontrarsi al limite dell’ordine sociale (Ali combatte illegalmente e insieme ad un socio mette delle telecamere nei luoghi di lavoro per aiutare i padroni a far licenziare i dipendenti) che la lotta per la propria individualità diventa conoscenza dell’altro.
La vita di cui parla Audiard non è semplice, consolatoria, innocua è invece fatta di tutte quelle cose che fanno parte dell’esistenza più reale, il bisogno dei soldi, la difficoltà di vivere, la gioia animalesca del sesso, gli improvvisi squarci di felicità e il dolore, che arriva, che va affrontato, che ti segna e che forse non ti abbandonerà mai.
E le immagini del film hanno un loro respiro, a volte lento, a volte tumultuoso e quel respiro diventa, minuto dopo minuto, quello dello spettatore e vedere diventa sentire e vivere con quelle immagini, in un’idea di cinema che trascende l’estetica e la propria forma, per diventare un flusso emotivo che scorre dentro chi guarda come sangue, fugace visione del nostro essere nel mondo.
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