Regia di Jacques Audiard vedi scheda film
Sapore di ruggine e ossa è quello che si sente nella bocca sanguinante dopo che un pugno ha spezzato le labbra contro i denti. E' il titolo di una raccolta di racconti del canadese Craig Davidson a cui Jacques Audiard si è ispirato traendone però una storia completamente diversa. Audiard usa dire che i suoi film nascono “contro” il precedente: dopo UN PROPHÈTE (2009)desiderava luce, aria, donne, sentimenti. Qui in DE ROUILLE ET D'OS, come in SUR MES LÈVRES (2001), c'è una giovane donna con handicap fisico alle prese con un ragazzaccio di poco cervello che lei, in mancanza di una pillola magica che riesca a civilizzarlo, riesce a domare senza fargli pressioni, solo con il coraggio, l'intelligenza e l'esempio.
Alain è un trentenne fiammingo, la sua ragazza è in galera in Olanda per traffico di droga e gli ha lasciato sulle spalle Sam, il loro bimbo di 5 anni che lui quasi non conosce. Sbarcava il lunario con incontri di pugilato, ma ora ha bisogno di un lavoro vero e si sposta al Sud, a Nizza, dove la sorella, scorbutica ma dal cuore d'oro, li ospita come può nel garage di casa. Stephanie è la bella addestratrice di orche del parco Marineland di Antibes e ha una relazione ormai agli sgoccioli col poliziotto Simon. Una sera si incontrano nella discoteca dove Ali fa il buttafuori; lui la riaccompagna a casa, entrambi ammaccati dopo una rissa, e le lascia il suo numero di telefono. A quel numero si aggrapperà mesi dopo Stephanie, rimasta sola dopo un incidente in piscina a seguito del quale ha subito l'amputazione di entrambe le gambe appena sotto al ginocchio. Sarà l'unico a starle vicino Ali, ragazzone egoista e istintivo, dall'appetito, anche sessuale, voracissimo, capace di violenza bestiale come di inaspettata delicatezza e gentilezza disinteressata.
Inizia così una strana relazione: lui la spupazza in giro come una bambola rotta, ma non la fa mai sentire un'handicappata; se la trascina dietro agli incontri clandestini di boxe e lei ne diventa ben presto la sua rispettata manager. Dopo qualche tempo senza falsi pudori diventano amanti: lei forse vorrebbe qualcosa di più del sesso, ma lui non è pronto a prendersi una qualsiasi responsabilità, nemmeno verso il suo bambino impaurito; non ha obiettivi chiari per il futuro e la sfortuna sembra perseguitarlo. Divisi dalle circostanze si ritrovano dopo una tragedia sfiorata: adesso è Ali ad aver bisogno di Stephanie, e finalmente è disposto a confessarlo a lei e soprattutto a se stesso.
Due meravigliosi interpreti: Marion Cotillard non ha mai un filo di trucco, sofferente ma non doma offre spudoratamente alla macchina da presa occhiaie e viso segnato da rabbia e disperazione, ostentando il suo corpo così atrocemente spezzato (meraviglie del CGI). Una bella sorpresa Matthias Schoenaerts, sguardo da bambino su di un corpo possente che gestisce con la naturale eleganza dell'atleta. Insieme ci fanno vivere le storie parallele di una donna che credeva di avere tutto e di colpo si è trovata senza niente, se non la sua forza interiore e la voglia di ricominciare daccapo, e di un uomo che non ha mai avuto niente, solo le sue mani, o meglio i suoi pugni, e non conosce altri linguaggi, altri modi per trovare un suo posto nel mondo. Entrambi devono fare i conti coi loro corpi, con quello che d'ora in poi potranno e vorranno farne, in una sorta di apprendistato tutto fisico lei, umano e sentimentale lui, che si scoprirà alla fine padre prima che uomo.
Accompagnato dalle sempre belle musiche di Alexandre Desplat, è un'insolita Costa Azzurra fuori stagione, un entroterra aspro e miserabile, dove sì, ci sono tanti poveri non solo immigrati, e disoccupati, e disperati, quella in cui Audiard ci accompagna, in questo viaggio dove mostra senza giudicare, fotografa con pietà ma senza moralismo anche le scene più dure: un inedito e inatteso melodramma a lieto fine raccontato con realismo ma senza enfasi, e per questo ancora più vero.
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