Regia di Jacques Audiard vedi scheda film
Sono sicuro che la campagna marketing italiana tenterà in tutti i modi di associare questo film al recente Quasi amici, per la comune provenienza francese e per l’accostamento di due caratteri profondamente distanti (di cui uno fisicamente menomato). Mi raccomando, non lasciatevi ingannare! Non perché uno sia migliore dell’altro. Semplicemente sono diversi, a partire dall’approccio drammatico adottato da Audiard, che riserva gli unici cinici spunti di riso all’immaturità del protagonista maschile, così irresponsabile ed egoista da essere l’unico ad impiegare più della metà della pellicola per capire che questo film comprende anche un altro personaggio, quello della bravissima Cotillard. Profondamente mutata dopo lo shock della perdita di entrambe le gambe, trova in Schoenaerts la forza di andare avanti, di mostrarsi senza vergogna in tutta la sua “accorciata” fisicità (e qui il CGI fa miracoli), il coraggio di ricostruirsi.
Il film procede rapidamente, saltando da un episodio all’altro senza mai calare di tensione, passando da momenti di pura pietà trasformata in tenerezza ad altri di mascolina fisicità e violenza. Senza mai un calo di tensione, Audiard costruisce un film solido e commovente, sebbene ogni tanto si possa percepire una certa regia (evviva le tautologie) negli eventi casuali della narrazione (al di là dell’incidente al termine dello spettacolo con le orche, vi sono altri momenti drammatici fuori dal controllo dei personaggi, bensì in mano al regista). Si possono tuttavia riscontrare tutti quei particolari, dalla cruda fotografia alla direzione impeccabile degli attori, che tanto ci avevano fatto apprezzare Il Profeta. Non mancano inoltre episodi di dissonanza cognitiva (per lo spettatore) e scelte coraggiose (per il regista), come identificare il momento più intimo e commovente della protagonista con una hit di Kay Perry.
Il titolo che prenderà una volta sbarcato in Italia (Beyond the hills) ha del misterioso e non mi sembra abbia proprio niente a che vedere con il suo contenuto, se non una forzatissima metafora. L’originale Ruggine e Ossa funziona molto meglio per introdurre l’argomento e lo stile crudi e sentimentali che caratterizzano questo bellissimo film candidato alla Palma d’oro.
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