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Un sapore di ruggine e ossa

Regia di Jacques Audiard vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Un sapore di ruggine e ossa

di omero sala
6 stelle

Il film racconta la faticosa storia d’amore di due infelici, la cronaca dell’attrazione di due poli opposti. 

Da una parte abbiamo Stéphanie (Marion Cotillard), una ragazza complicata che fa l’addestratrice di orche marine in un parco acquatico della Francia meridionale; la poveretta, per un incidente sul lavoro, perde le gambe e resta su una sedia a rotelle. 

Dall’altra c’è Alì-Alain (Matthias Schoenaerts), uno sbandato senza arte ne parte, che si è appena separato. Con un figlio di 5 anni al seguito, attraversa la Francia in autostop e finisce ad Antibes da una sorella che fa la commessa in un supermercato: si fa ospitare e per sfangare la giornata cerca e svolge lavori precari e si avvicina - come lottatore - ad un giro di combattimenti clandestini.

I due, Stéphanie e Ali, si incrociano per caso (per Caso), si fiutano diffidenti e, ovviamente, non riescono a trovare un minimo di feeling perché sono due sbilanciati che non trovano stabilità, due personalità frantumate che non sanno ricomporre i cocci, due anime vaganti e inquiete. Lui, superficiale, viaggia in superficie; lei, tormentata, ingabbiata e vive in immersione, in apnea, in cerca di aria. Lui è tosto nella lotta ma insicuro nelle scelte di vita; lei è ingabbiata dalla mutilazione ma caparbia nel voler imprimere una direzione alla sua esistenza.

E fra i due, forse, a ben vedere, il menomato è lui. Mentre lei pare raggiungere una sua completezza solo dopo l’incidente.

 

Audiard rende perfettamente questi disequilibri ricorrendo a due semplici espedienti

Il primo espediente è la reticenza, il non detto che prevale sul dichiarato: mai nessuno nel film esprime a parole imbarazzi, sentimenti, desideri; le emozioni vere trasudano dai corpi ma non sono, non possono essere raccontate. (E questa incapacità a spiegarsi in alcuni momenti appare perfino irritante allo spettatore che pensa che con poche piccole parole possa essere facile districarsi da grovigli dolorosi). 

Il secondo espediente è la scelta registica di disarmonizzare la narrazione, di disturbarne la continuità accumulando eventi, di osservare con disincanto lo sviluppo di questo incerto rapporto imprimendo accelerate brusche ma anche sterzate inattese e intoppi imprevedibili; di procedere a singhiozzo, prospettando soluzioni subito scompensate, scivolando verso climax emotivi ma ribaltando subito le carte, cercando traiettorie imprevedibili, alternando situazioni serene e solari (relax in spiaggia) con altre cupe e concitate (sesso selvaggio e combattimenti feroci).

 

Dicotomie che raccontano di attrazione e repulsione. Sole o luci convulse nel buio. Polvere e sangue o acqua e fluidi silenziosi.

Incontri di corpi e scontri. Passioni e lotte. Combattimenti e abbattimenti. Felicità e tragedie. Istinto di vita e pulsioni di morte (Eros e thànatos, verrebbe da dire).  

L’altalena della vita portata al parossismo.

 

Alla fine i due scombinati mollano le reticenze e abbassano le difese, per non farsi sfiancare dalla vita, per non distruggersi da soli. 

Le storie d’amore in certi tempi non possono che essere storie di sopravvivenza; non possono essere che rimarginazioni imperfette.

 

Marion Cotillard

Un sapore di ruggine e ossa (2012): Marion Cotillard

 

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