Regia di Xavier Dolan vedi scheda film
Al terzo film, girato a poca distanza dagli altri, anche se, nonostante le affinità stilistiche in sintonia coi precedenti, sembra sia trascorso quasi un decennio, Xavier Dolan fa il punto e trae le conseguenze di una scelta (sessuale, di vita, che estremizza la sua personale raccontata nei primi due film) che sconcerta, spiazza e lascia a bocca aperta. Giunto alla soglia dei trenta, Lawrence (un intenso Melville Poupaud) sente che dentro di sé non riesce più a celare quel desiderio di femminilità e che lo spinge a sentirsi donna, condizione o sentimento difficile da rivelare e che per questo egli ha sempre perfettamente nascosto al mondo esterno. E quando dichiara con candore e sincerità di volersi gradatamente "trasformare " nella donna che da sempre egli è convinto viva dentro di sé, la notizia, dirompente anche per chi minimizza e simula a "fare il moderno" e il tollerante, crea ripercussioni immaginabili sia nella sfera privata (e' fidanzato da tempo con una ragazza) che in quella pubblica (insegna presso una scuola solo apparentemente progressista ed aperta). E anche se la sua ragazza inizialmente lo appoggia ed è disposta ad amarlo così come si sente (ben diversa è la reazione della madre, una brava Natalie Baye), la costruzione della donna che si cela in Lawrence è un calvario che comporta sacrifici, derisioni, o quantomeno stupori e discriminazioni. Stupori e perplessità che il regista dettaglia magnificamente nel suo consueto repertorio di riprese sui volti attoniti, sorpresi, ironici o addirittura tesi di chi si trova davanti il professore nella sua lunga e metodica metamorfosi verso la femminilità. Un cammino lungo, minuzioso che Dolan racconta senza ricorrere a stereotipi stracchi di un essere donna debordante e vistoso, tipo drag queen, ma creando per questo ancora più sconcerto. Lawrence è un uomo per nulla femminile ed effemminato, e la sua metamorfosi, per nulla scontata, richiede preparazione, allenamento, costanza e determinazione, oltre che carattere e piena convinzione. Peccato che il film troppo lungo si perda troppo spesso in particolari fuorvianti o non decisivi per portare avanti un discorso che abbia la lucidità e l'audace vitalità e complicità dei due film che l'hanno preceduto. Ma Dolan, che riesce comunque nuovamente a stupirci con la funambolicita' delle sue coreografie colorate e ricercatissime, non ha perso lo smalto, confermandosi, col successivo stupendo "Tom a la ferme" visto a Venezia, un grande talento ed introducendo o trattandoi in quel contesto successivo più specificamente altri temi dela sessualità, come la sottomissione ed il sadomasochismo, sensazioni che, se a questo punto un po' possiamo dire di conoscere il ragazzo (e che ragazzo!!!), non lo lasciano certo indifferente.
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