Regia di Paul W.S. Anderson vedi scheda film
Capitolo cinematografico numero 5 per il franchise Resident Evil, filiazione dell’omonimo videogame, incontro tra i morti viventi di Romero (al netto dell’ideologia), la Sci-Fi biologica (al netto della riflessione etica), Doom e Tomb Raider: una macchina da soldi che, nel corso di 10 anni, ha perfezionato un’idea di intrattenimento usa e getta, prossima al grado zero della richiesta intellettuale, in facile equilibrio tra sadismo e masochismo di massa, prurito sessuale (Milla Jovovich, una garante in materia), sublimazione violenta, coazione a ripetere portata al parossismo. Perché se il cinema di genere è frutto di un canone seriale, Resident Evil è una serie di genere con schemi ripetuti e via via astratti da qualsiasi logica narrativa, qualcosa che va incontro al bisogno infantile dello spettatore: il riconoscimento delle forme, la reiterazione. Come a dire: bumbumdabum, è solo uno sparatutto, bellezza. Al critico non rimane che constatare l’abituale rapporto mimetico tra narrazione cinematografica e videoludica: Resident Evil: Retribution 3D si disinteressa della continuità creata dai capitoli precedenti (pedante riassunto iniziale a parte), sviluppa una storia basata su ambienti che si forgiano via via, si divide al solito in livelli, prolifera di cloni (a imitare le figure costanti del videogame, il loro continuo risorgere). Tematica materna in agguato. La pratica è archiviata. Giudizio: il peggiore della saga.
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