Regia di Mark Cousins vedi scheda film
In quindici ore di visione Marc Cousins condensa la “sua” storia del cinema. Attraverso ottimi espedienti causa-effetto per avanzare negli anni, dai Lumiére ad “Avatar”, “The story of film” è diviso in capitoli, 15 da un’ora l’uno (metodo necessario per renderne più “umana” la visione), anche se in alcuni cinema il film è stato proiettato per intero. Ogni capitolo ha un titolo, con schermata in sovraimpressione, taglio internazionale, ma poco multidisciplinare e qualche collegamento azzardato tra epoche ed autori (Ejzenstejn influenzato dal brasiliano Mario Peixo?).
Il punto di vista è volutamente personale, quasi orgogliosamente personale, per cui è chiaro come alcune scelte, ma soprattutto determinate omissioni, possano sembrare errori: da notare per esempio l’esiguo spazio dedicato al Neorealismo, ben trattati invece Fellini, Visconti, Antonioni, per quanto in maniera chiaramente non esaustiva. Completamente dimenticata la commedia all’italiana legata al boom degli anni ’50: dove sono Risi, Monicelli, Gassman, Sordi?
Il taglio preconizzato da Cousins è globale, con riferimenti davvero a tutto il globo (dall’Africa nera a Hollywood, passando per l’Oriente e il Sudamerica) attraverso un linguaggio alla portata di tutti, molte interviste (alcune poco interessanti), ma soprattutto infinite scene riportate durante il lunghissimo flusso di immagini.
Incuriosisce e stimola, ma soprattutto aiuta a colmare le inevitabili lacune che ci sono nella propria conoscenza della settima arte. Quindici ore che volano via, per un’opera unica di cui appena smesso di guardarla, si ha nuovamente voglia.
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