Regia di Ugo Gregoretti vedi scheda film
Da un romanzo di Bulgakov, Gregoretti – con una sceneggiatura scritta da solo – trae questo lavoro televisivo che ha solamente due motivi per essere ricordato: la presenza come protagonista del sempre encomiabile Gastone Moschin e il tentativo sperimentale, all’avanguardia, nell’utilizzo del ‘chroma key’: riprese su sfondo monocolore che verrà in postproduzione sostituito da altre immagini. Per la precisione le immagini a cui si fa riferimento – citate nei titoli – sono quelle girate da Dziga Vertov per L’uomo con la macchina da presa (1929); la contemporaneità della pellicola russa e del testo di origine permettono in sostanza di ambientare il film di Gregoretti, senza grossi sforzi, nel contesto originale del romanzo. Se l’idea è ottima, però il risultato lascia parecchio a desiderare: siamo pur sempre alla fine degli anni ’70 e i mezzi digitali sono ancora tutti da scoprire. Di tanto in tanto Gregoretti, narratore fuori campo, cita la pagina di Bulgakov, espediente invece non molto fantasioso e alla lunga anche noiosetto da utilizzare in un film; particina per Alessandro Haber; musiche di Fiorenzo Carpi. La portata rivoluzionaria del romanzo, atto di accusa alla degenerazione della ricerca scientifica (e in secondo piano anche contro la stampa sensazionalista), appare in definitiva non rovinata, ma certamente sminuita dal continuo ricorso agli effetti speciali. 4,5/10.
Anni ’20 del Novecento. Uno scienziato russo conduce esperimenti sugli animali; scopre così un raggio capace di moltiplicare e ingigantire dei girini, creando rane fortissime. La contemporanea morìa di galline malate lo spinge a tentare di replicare anche tali animali, ma qualcosa va per il verso storto.
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