Regia di Frédéric Beigbeder vedi scheda film
Tra le righe di La carta e il territorio del sodale Michel Houellebecq, Frédéric Beigbeder dice: «L’amore è raro. Non lo sapeva? Non gliel’aveva mai detto nessuno?». E in quel libro, e in quel cameo/omaggio, ci sono tutti i sintomi superficiali di una certa tendenza della letteratura e del cinema d’oggi: un teatro di icone che si mettono in scena, frasi finali da guru, supponenza sarcastica, arte come provocazione contro l’ipocrisia delle rappresentazioni. Così Beigbeder, maître-à-penser pop e snob, critico letterario, showman e scrittore, adatta il suo omonimo romanzo. Che parla di Marc, critico che scrive l’omonimo romanzo («Il titolo è sufficientemente idiota» dice l’editrice) nella livorosa risacca di un matrimonio naufragato, mentre una nuova passione (per Alice, la meravigliosa Louise Bourgoin) stenta, e appena accesa si spegne: la donna scopre che l’autore del misogino scritto coincide con l’uomo che ama. E non approva. Beigbeder, con la sua estetica cinica e sorniona (sguardi in macchina, ghiribizzi grafici, tono ludico costante), non ha il coraggio di uscire dello stallo dell’ironia post tutto, e il film ci illude soltanto di accettarsi per quel che è: una commedia sentimentale. Così nichilista da non dire nulla, ma un nulla cool e seducente, che sa vendersi come acuto, che cita Bukowski, guarda a Sacha Guitry e a Woody Allen, ma finisce per essere al massimo la possibile bella copia di un film di Fausto Brizzi.
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