Regia di Judd Apatow vedi scheda film
Judd Apatow è un genio. Il cineasta statunitense più appassionante dell’ultimo decennio. Attivo sin dai primi 90, è un nome chiave per comprendere come la tv sia diventata il crocevia dove il cinema classico è stato riprocessato iniettando in questo modo nuova vita in entrambi i linguaggi. Al contrario di J.J. Abrams che manipola i grandi archetipi fantastici, Apatow è un king of comedy. Forse l’unico in grado oggi di rielaborare l’irripetibile autunno di Blake Edwards (Micki & Maude, Così è la vita, Nei panni di una bionda ecc. ecc.), dargli un’avvitata di contemporaneità (cattiveria e ferocia stand up discendenti in linea diretta dal Saturday Night Live e derivati) realizzando così una delle poche forme di cinema americano contemporaneo che non sia post, meta o altro. Concentrando il suo sguardo su una coppia alle soglie dei fatidici “anta”, Apatow, pur conservando alcuni dei suoi segni di riconoscimento (il piacere infantile della coprolalia, il sadismo sardonico…), si dimostra ancora una volta (dopo l’incompreso Funny People) regista in grado di costruire uno spazio filmico attendibile attorno alla performance dell’attore. Dallo spazio televisivo, Apatow reinventa il perimetro del set modulandolo sulla parola. Privilegiando un approccio osservazionale, il ritmo filmico risulta essere il prodotto dell’interazione fra parola e corpo (occhio ai fuoriscena sui titoli di coda!). Non cinema classico, ma piuttosto, se si vuole, un Eric Rohmer impressionista elaborato alla luce dei tempi di produzione strettissimi della tv. Ed è proprio nel suo sembrare, ma non essere, cinema hollywoodiano classico, che Apatow evidenzia la sua singolarità. Modernità. Questi sono i 40, cui spetta il merito di avere riscoperto il grande Graham Parker (grazie Billie Joe!), è senz’altro il risultato più maturo di Apatow. Come delle Scene di un matrimonio pensate come gag di Blake Edwards, Questi sono i 40 riattiva nello spettatore complice il ricordo di Herbert Ross, George Cukor e James L. Brooks (del quale Apatow può essere considerato la versione rock’n’roll). Teatro coniugale della crudeltà domestica, psicopatologia quotidiana dei sentimenti e isteria sessuale, gli ingredienti base di un cinema politico messo in scena con la trasparenza di un Leo McCarey. Questi sono i 40 è, oggi, il cinema americano da difendere.
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