Regia di Len Wiseman vedi scheda film
Condizionati da un perenne fascio di luce intermittente (con tanto di strobo a far sentire a proprio agio i giovinastri discotecari), i protagonisti di “Total Recall – Versione 20.12” si beccano subito uno di quei garbugli che piace tanto alla gente: chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Inseguiti dal perfido Cancelliere Cohaagen, uno che vuole il pieno controllo delle guardie sintetiche per dominare quel che è rimasto di un mondo futuristico andato alla deriva, i nostri sono stati creati a loro volta da un’industria cinematografica sempre più votata al pieno controllo e selezione della categoria degli spettatori. Parlo di quegli inconsapevoli “privilegiati” entrati di diritto a far parte di una famiglia di automi che accede in sala con gli stessi impulsi con cui vengono spinti ad accostarsi a una vetrina, tanto per vedere cosa c’è. Abitanti di città multistrato sospese, col destino in bilico tra dedali affascinanti e chiaroscuri reconditi.
La pioggia quasi incessante potrebbe ricondurre il fantoccio all’allarmante odor di stantio, d’altro canto il loro Creatore sa che non possono aspirare a qualcosa di più di un portamento da figurine in guazzetto, inebetiti da un’atmosfera à la “1984”, perfetta per ricondurre a stordimento e apatia. Con la versione 20.12 siamo arrivati all’espiazione della colpa dello psicocrimine collettivo: quello di non saper cos’altro fare, quale altro film andare a vedere. Il futuro del cinema è già presente, dal momento che il processo di de-generazione è già avviato; la massificazione ha limato il destino individuale e sociale.
Solo un’inversione gravitazionale potrebbe salvarci dal marcio e dalla noia di prodotti distrutti dalla quotidianità e dalle convenzioni. Ma sarebbe necessaria una capacità critica che ci facesse distinguere i giorni lavorativi dai festivi. Quell’attitudine indispensabile affinché un giorno non ci scoprissimo abitanti di un mondo semi-cancellato dalle sostanze chimiche che ci costringa a poterlo vivere solo attraverso l’assunzione di altrettante realtà artificiali (artificiose?). Prigione ed esalazione di sogni, dove persino l’ironia muore acquiescente, Hollywood è sprofondata in una serialità narrativa fatale. Urge nuova compagnia per innesto mnemonico.
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