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Total Recall - Atto di forza

Regia di Len Wiseman vedi scheda film

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La recensione su Total Recall - Atto di forza

di alan smithee
6 stelle

Non passano vent'anni (e' dal 2008 che le maestranze lavorano sulla sceneggiatura) che Hollywood sente il bisogno di metter mano al remake del celebre film di Veroheven, tratto da un racconto fantascientifico del precursore della cultura cyberpunk, nonche' autore dell'imprescindibile Blade Runner, Philip K. Dick. Il film esce oggi Ferragosto in Francia, accompagnato da un gran sostegno mediatico come ai tempi del suo neppur vecchio capostipite.
Diciamo subito che questa spesso avvincente ed adrenalinica riproposizione non supera ne' tantomeno si fa sorpassare dall'originale dell'autore olandese di Robocop.
Cambiano alcune cose, alcune in bene, ma alcune in peggio: gli effetti speciali, gia' strepitosi nel 1990, qui rendono tutto piu' plausibile, fantasticamente naturale e piu' pessimistico, e ci presentano un fine secolo sulla Terra (e non sulla rossastra ammaliante Marte come nel primo adattamento e nel romanzo) nei soli due luoghi in cui e' ancora possibile vivere, dato che il progresso ha ucciso e reso invivibile ogni altro angolo della Terra: si sopravvive amassati come sardine dunque solo nella Unione Federale di Bretagna (praticamente il Regno Unito) e la Colonia, situata in Oceania. I due luoghi distantissimi sono raggiungibili tramite un collegamento diretto tramite un sentiero (sotterraneo?) percorso da navette che sfidano le regole delle velocita' oggi note e le leggi della gravita'. In un mondo cosi' piccolo le citta' appaiono formicai sviluppatisi in altezza mediante giganteschi ingranaggi ed intarsi architettonici che non possono non far pensare alla Metropolis di Lang, mentre un cielo plumbeo e perennemente piovoso la cui violenta incessante precipitazione si accanisce sui neon dalle scritte orientali e su negozi e bancarelle di fortuna, non puo' non richiamare alla memoria la scenografia meravigliosa di Blade Runner evitando di pensare a plagi grazie soprattutto alla comunanza di una stessa geniale mente letteraria. Veroheven, piu' autore di Wiseman, aggiungeva alla trama momenti ironici al limite della comicita' mentre quest'ultimo ci ricorda che l'azione e' il suo mestiere e non perde tempo in siparietti per dar posto all'adrenalina e al ritmo. Il giovane regista di Underworld assegna alla compagna Beckinsale un ruolo che qui si sviluppa ed amplia notevolmente in termini di permanenza sullo schermo: ma la Stone in meta' delle inquadrature della collega bucava lo schermo e si apprestava ad assurgere al ruolo di ultima diva (l'anno dopo con le gambe accavallate di Basic Instinct), mentre la pur bella Beckinsale si limita ad un broncio incazzato privo di ogni espressivita' che non le giova ne' la fa eccellere. Quanto a Farrel, altro gran simpaticone, indubbiamente e' un attore piu' bravo del mitico Swarzy, presenta una muscolatura piu' credibile ed elegante di quel zarro d'un Terminator, ma cio' nonostante non mi sentirei di scambiarlo col monocorde, granitico, ma anche molto simpatico e muscoloso sino all'eccesso attoraccio austriaco.
Sulla trama per il resto ci siamo: la commercializzazione di una memoria artificiale che cancelli o allevii le problematiche o i tristi ricordi di una vita grigia ed accalcata come in un gigantesco formicaio, spinge un operaio in crisi a causa anche di un incidente sul lavoro, a capire, tramite sogni premonitori, che l'organizzazione che li mette in vendita (la micidiale Rekall appunto) cerca di plagiare quel che resta del genere umano per scopi di dominazione di massa. E' l'inizio di una fuga rocambolesca, con moglie poliziotta che lo prende a mitragliate e il povero protagonista che scappa aiutato da una ancor piu' bella femmina (la Biel, statuaria come sempre), per raggiungere la resistenza e sgominare la sudditanza perversa di una classe dominante che ha preso controllo del cervello dei suoi malcapitati sognatori.
Da Wiseman, regista tosto piu' esteriormente che a livello di contenuti, c'era da temere molto peggio e il film si fa seguire con una certa passione grazie ad inseguimenti mozzafiato su percorsi stradali avveniristici che inquietano, ascensori ad incastro che si trasformano in tagliole per animali in fuga, cellulari letteralmente "incarniti" nel palmo della mano, oltre a corse e salti da tetti e percorsi di fortuna, da appartamenti grigi ed essenziali che finiscono per essere l'ultimo sgradevole ma al contempo rassicurante appiglio per una umanita' che si sta inabissando, vittima esemplare delle proprie conquiste e del proprio progresso tecnologico che crea e distrugge al tempo stesso.

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