Regia di Sean Anders, John Morris vedi scheda film
Nella filmografia di A.Sandler troviamo quasi qualunque tipo di commedia, ma quella cafonal-demenziale va per la maggiore. Indovina perché ti odio vorrebbe iscriversi in questo filone ma il problema è che va persino oltre, sconfinando a più riprese in un trash che più volgare e patetico non ce n’è.
Il tentativo di fare di Sandler colui che interpreta il ruolo dell’eterno idiota che, grazie ad una debordante “simpatia” (leggasi: improperi a gogò), rompe gli schematismi borghesi (in realtà assai fittizi perché le sue “vittime” stanno incredibilmente al gioco) onde riuscire a sdrammatizzare le situazioni più imbarazzanti non può funzionare sempre (anzi), tanto meno con una sceneggiatura troppo esplicita e senza freni inibitori come questa (anche se l’accattivante - e pruriginosa - idea originaria - ovvero il flirt fra il teenager arrapato e la sua sexy insegnante con annessa gravidanza indesiderata e totale irresponsabilità del genitore scampato alla scure della giustizia - poteva spianare la strada a riflessioni di carattere quasi “sociologico” da non buttare via del tutto).
Mai così meritati, dunque, i Razzie Awards a Sandler e allo sceneggiatore (che non ha avuto neanche la decenza di far finire il film almeno 20 minuti prima!!).
Resta il dubbio atroce di come sia potuto succedere che due mostri sacri come J.Caan e S.Sarandon abbiano potuto prestarsi ad un’operazione commerciale tanto infima come questa (benché il gioco di far interpretare alla seconda il personaggio che fu, a inizio film, di sua figlia un qualche effetto “conturbante” lo abbia… quantunque prevalentemente proprio su Adam Sandler stesso).
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