Regia di Srdjan Dragojevic vedi scheda film
Nel 2001, il primo tentativo di organizzare il Gay Pride a Belgrado finì nel sangue, con molti manifestanti massacrati da gruppi di hooligans e militanti neonazisti, fra la totale indifferenza delle forze dell’ordine. Nove anni dopo, più di seimila poliziotti vennero schierati per proteggere la sfilata: tuttavia ciò non bastò ad evitare le violenze, che causarono il ferimento di decine di agenti e la devastazione del centro della città. Questo film, secondo le intenzioni apertamente dichiarate dal suo autore, vuole mettere la popolazione serba di fronte alle proprie responsabilità, che non sono soltanto quelle riguardanti il conflitto nella ex Jugoslavia. A dispetto dell’apparente ritorno della pace e del consolidamento del processo di democratizzazione, c’è una guerra fratricida che è tutt’ora in corso, ed è rivolta contro i diversi, che vengono perseguitati nella vita quotidiana ed aggrediti per le strade. La figura simbolo di questa contraddizione è Misko Draskovic, detto Limone, un ex combattente che oggi abbraccia i suoi nemici di un tempo – croati, bosniaci, kosovari – come vecchi amici, però continua ad odiare i gay. Un atteggiamento assai diffuso tra i suoi attuali colleghi, negli ambienti della polizia, nei quali si riflette una società arroccata su posizioni reazionarie, ancora affette da quel tragico integralismo religioso che, nel recente passato, ha causato centinaia di migliaia di morti. Intorno a quell’uomo, rappresentante di una visione cinica e materialistica del bene comune, ruota però il fantasma rosato di un amore vissuto con fantasia, senza ottusi rigorismi e con una leggerezza che parla di una felicità a portata di mano. La sua fidanzata Biserka – il cui nome significa perla – desidera un matrimonio da favola, con effetti speciali artistici e fuori dai canoni, per i quali si affida alla creatività di Mirko, un wedding planner omosessuale, laureato in discipline teatrali, ma costretto a ripiegare su quel mestiere perché bandito dalle scene. Il suo compagno è Radmilo, il veterinario che ha strappato alla morte il cane di Misko, raggiunto da vari colpi di pistola nel corso di un’azione intimidatoria diretta contro il suo padrone. Una coppia di amanti anticonvenzionali si rivela una fonte di positività messa al servizio della gioia altrui: un serbatoio di generosità che si spende in maniera semplice, senza i duri fragori del machismo che appiattiscono i sogni calpestandoli con gli scarponi d’ordinanza. La presenza di Mirko e Radmilo, e, soprattutto, il coraggio dimostrato da quest’ultimo nello sfidare quella massiccia barriera di intolleranza, sapranno incrinare la falsa fraternità fondata su rituali militareschi, per sostituirla con una solidarietà che travalica davvero tutte le frontiere, perché guarda soltanto al valore dell’essere umano e all’importanza della causa per la quale egli lotta. D’altronde, alla luce della tradizionale concezione della virilità, ogni sodalizio maschile potrebbe, di per sé, risultare sospetto, a cominciare dalle icone cinematografiche de I Magnifici Sette o di Ben Hur, in cui i due protagonisti bevono incrociando i calici secondo un inequivocabile codice di natura erotica. Mettere clamorosamente in dubbio le certezze più radicate è il precipuo compito della commedia, che compie il proprio dovere sbeffeggiando i costumi, specialmente quelli mentali: The Parade volge in burla la stessa idea di distinzione tra torto e ragione, tra norma ed eccezione, trasformando la disciplina in caos, la serietà in scherzo e la forza in debolezza. I funzionari di polizia scommettono sui combattenti tra cani. I soldati dell’IFOR si fanno di eroina. Un ex cecchino si commuove assistendo alla nascita di un asinello. Un padre cerca di distogliere il figlio dagli insegnamenti che lui stesso gli ha inculcato. I poliziotti corrotti picchiano i poliziotti ritornati sulla retta via. E intanto il calderone dei Balcani, anche senza le bombe, continua a ribollire.
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