Regia di Héléna Klotz vedi scheda film
Victor e Rainer. Due anime perse nel cuore notturno di Parigi. Amici per volontà, o forse estranei per caso. E magari amanti, senza saperlo. Uniti contro un mondo che vorrebbe dividerli. Là fuori c’è una guerra in corso. Una battaglia spietata che ognuno combatte per essere il migliore, il più forte, o semplicemente non essere più solo. Dentro quella coppia, invece, basta poco per sentirsi al sicuro dall’imperante volgarità. Sarà merito delle poesie crepuscolari di Rainer. O della assorta allusività di Victor. Un Pierrot lunaire e un pagliaccio triste si scambiano battute amare all’ombra di una grande città che mille occhi di fuoco illuminano invano. Lo spettacolo della ville lumière è un freddo luccichio che, da lontano, guarda con indifferenza una gioventù che si consuma nel buio delle discoteche, nei fumi delle droghe, nei deserti delle stazioni del métro. Voler vivere equivale a nascondersi e fuggire. Rincorrendosi, o prendendosi per mano, incerti sulla reale possibilità di diventare una cosa sola, resistente agli stimoli disgregatori di un’epoca cupamente esplosiva. La bomba è già scoppiata, ed ha fatto a pezzi il presente, per coprire di macerie la visuale sul futuro. Per questo Victor e Rainer si appartano e cercano di stare vicini. I loro volti pensosi e spenti, riflettendosi uno nell’altro, possono così sperare di produrre qualche bagliore di passione, di rabbia, di ribellione alla fine incombente. Il film di Héléna Klotz è una sfida al nichilismo: il suo linguaggio, sia pur segnato dalla diffidenza nei confronti della società, è carico di desideri e proiezioni ideali, di scatti d’orgoglio e moti di passione. In mezzo al caos che vorrebbe rendere tutto uniforme, c’è anche spazio per la riflessione sul valore dell’ingenuità, della debolezza, della diversità che ti rende un reietto. Il vero nulla è il conformismo che annega la frustrazione nei riti di massa, compresi quelli falsamente trasgressivi delle mode underground. Sotterraneo è solo l’isolamento di chi non cerca la luce del giorno, perché non essere notato è il primo passo verso la libertà. In un pianeta devastato da un ordigno nucleare ci sarà pure un terreno raso al suolo in cui poter ricominciare daccapo, ritrovando la pace e seminando un nuovo ordine delle cose. Un luogo brullo sotto un cielo senza più stelle. Nell’ora blu che annulla ogni parvenza di vita. Una sospensione della realtà che anticipa la morte ed il giudizio universale. L’oscurità diventa totale nel momento in cui, nel sonno, si spengono anche i sogni. Per Victor e Rainer non esiste un domani di cui parlare. C’è solo la voglia di cantare una ninna nanna all’istante che passa, perché si dimentichi di volare via. Tutto deve restare com’è, indistinto ma invisibile, e dunque al riparo dagli attacchi del dubbio. La mancanza di confronto rende assoluto ogni concetto. A volte è questa l’unica via di scampo. L’âge atomique è il day after della distruzione delle idee. Una generazione perde l’irripetibile occasione della giovinezza per disegnare un avvenire diverso. Ciò che resta è soltanto l’illusione di poter resistere, se non altro, al gelo che uccide il calore dell’intimità.
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