Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film
Nella storia dei sequel, forse l'opera più monumentale e più riuscita. Al di là di paragoni con il primo capitolo, per i quali una certa critica vede questo film persino superiore, qui Coppola acuisce ancor più i toni di cupezza e crudeltà del contesto mafioso, che trova la sua incarnazione nel protagonista Al Pacino. Procedendo su strade parallele, con le vicende del giovanissimo Don Vito, che da povero emigrante costruisce pezzo per pezzo il suo impero criminale, in una meravigliosa ricostruzione della New York delle prime decadi del 900, vediamo specularmente la famiglia Corleone, sgretolarsi pezzo per pezzo. Difatti, se Michael ormai divenuto il Don, incontrastato per spietatezza ed intelligenza, egli non è invece riuscito ad assolvere lo stesso ruolo del padre nella coesione della famiglia accanto a lui. Questo lo si evince dal suo matrimonio e dal rapporto coi figli (commovente che al ritorno da un viaggio, Michael troverà il suo regalo destinato al figlio, sepolto sotto la neve del giardino), per non parlare della moglie Kay, sempre fedele, che arriva non tollerare più il contesto malavitoso in cui è costretta a muoversi e in cui veder crescere i propri bambini, tanto da spingerla ad un aborto. A questo si aggiunge l'elemento forse più drammatico di tutta la vicenda, nonchè il più celebre: il tradimento da parte di Fredo, fratello debole e inetto che verrà sfruttato da un clan rivale per attentare alla vita di Michael. La reazione del fratello minore non sarà anche questa volta spietata ed improntata solo ad affermare il proprio di Padrino. Nell'inquadratura con cui si chiude il film, emerge però la vera solitudine a cui si è ridotto questo capofamiglia, ormai accompagnato sostanzialmente da guardie del corpo e non più da familiari.
Oltre al ruolo di Fredo, che in questo capitolo assume una rilevanza ben più ampia che nella prima parte, è interessante osservare anche il personaggio del fratellastro Tom Hagen; quest'ultimo, dopo un periodo in cui Michael lo aveva esonerato da grosse responsabilità negli affari di famiglia, privilegiando i due capiregime, Rocco Lampone e Al Neri, torna a giocare un ruolo di primo piano quando Michael, sopravvissuto ad un attentato, si rende conto che Tom sia l'unico ad aver dimostrato lealtà anche in periodi più difficili e l'unico con l'intelligenza di traghettare la famiglia in sua assenza. Tom quindi sarà persino eletto, temporaneamente, al rango di Don. In questo periodo riuscirà ad incastrare un senatore che voleva ricattare la famiglia, facendolo svegliare accanto a una prosituta morta (scena che ricorda per certi versi quella della testa di cavallo nel letto del produttore cinematografico della 1° parte), nonchè a convincere (in una sequenza memorabile) il caporegime pentito, Franke Pentangeli a suicidarsi, affinche venga risparmiata la famiglia di quest'ultimo. Tuttavia nemmeno questi incarichi di enorme responsabilità faranno riavvicinare Tom e Michael da un punto di vista affettivo, in quanto vediamo quest'ultimo verso la fine, diffidare della lealtà di Tom, che ritiene voglia lasciare la famiglia per un incarico manageriale.
Emblematico, nel finale, il flashback di Michael che ricorda, quando da giovane e ben intenzionato studente, aveva creato disappunto nella famiglia andando ad arruolarsi proprio a seguito dell'attacco di Pearl Harbour, in nome di sentimenti patriottici che il clan siciliano non poteva quasi comprendere.
Un film in cui sostanzialmente tutto mi è parso straordinario, dalle interpretazioni di Gastone Moschin, nel ruolo di Don Fanucci a quella di Lee Strasberg nel personaggio del mellifluo Hyman Roth, alla bellissima colonna sonora, piuttosto che alla cupa e ovattata fotografia di Gordon Willis.
A mio avviso i capitoli del padrino si concludono con questa parte. La terza, per quanto portata avanti con buon mestiere da Coppola, sente troppo il peso di un'aspettativa di livello, che purtroppo non ha saputo raggiungere.
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