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Il padrino

Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film

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La recensione su Il padrino

di port cros
10 stelle

Genova, Cinema America, 16 marzo 2022: una data e un luogo da incorniciare: la visione sul grande schermo della versione restaurata in lingua originale del capolavoro di Francis Ford Coppola. E questa è una di quelle occasioni dove la parola capolavoro non è un'iperbole, ma una descrizione oggettiva di un film dove si tutto si allinea perfettamente, tre ore in cui non c'è un solo momento non dico di stanca, ma di pausa, non c'è un minuto di superfluo e ci si avvicina alla perfezione nella Settima Arte.

 

Marlon Brando, Robert Duvall, James Caan, John Cazale, Abe Vigoda, Al Lettieri, Richard Castellano

Il padrino (1972): Marlon Brando, Robert Duvall, James Caan, John Cazale, Abe Vigoda, Al Lettieri, Richard Castellano

 

Marlon Brando biascicante con le guance imbottite è Don Vito Corleone, la cui voce è un rauco sussurro che Brando basò su quella del gangster Frank Costello di cui aveva visto le deposizioni filmate a trasmesse in tv. Il patriarca è legato ai vecchi codici mafiosi che impediscono di trattare affari troppo sporchi come il traffico di droga e , per quanto sia un padrino spietato, concepisce le attività criminali come un mezzo per prendersi cura della famiglia, che deve rimanere sempre la priorità nella vita di un vero uomo (“A man who doesn’t spend time with his family can never be a real man”). Brando domina lo schermo in ogni scena in cui compare, che Coppola costruisce saggiamente intorno al suo carisma. Epica la sua entrata in scena: la sequenza iniziale della pellicola è il matrimonio della figlia Connie (Talia Shire), ma la prima immagine che Coppola sceglie di mostrare è ripresa all'interno della casa, dove un becchino chiede a Don Vito di organizzare un'azione di vendetta (“giustizia” però lui la definisce) nei confronti di teppisti che avevano pestato e cercato di violentare la figlia, lasciati liberi al termine di un processo che ha minato la sua fiducia nelle istituzioni e nel Paese (“I believe in America. America has made my fortune. And I raised my daughter in the American fashion.” ). L'inquadratura si allarga in zoom out ed il padrino don Vito apparire come una figura regale, assisa su una poltrona simile ad un trono mentre accarezza un gattino, un patriarca che si esprime con solennità, come un raddrizzatore di torti e dispensatore di quella giustizia che il sistema legale non è in grado di assicurare.

 

Marlon Brando, James Caan

Il padrino (1972): Marlon Brando, James Caan

 

Prima di parlare del coprotagonista vorrei citare parole di lode nei confronti di altri due interpreti maiuscoli che spiccano in un cast straordinario: James Caan cioè Sonny, erede designato ma fin troppo impulsivo e passionale, e Robert Duvall, il “consigliere” cioè il fidato avvocato dei Corleone, considerato un figlio adottivo della famiglia pur non avendo legami di sangue e non essendo nemmeno italo-americano.

 

Robert Duvall, James Caan

Il padrino (1972): Robert Duvall, James Caan

 

Soffermiamoci quindi sulla prova stratosferica di Al Pacino, su come riesce totalmente a trasmettere con lo sguardo, la postura, l'atteggiamento, al di là delle battute della sceneggiatura, la trasformazione di Michael, da ragazzo estraneo al business criminale, concentrato sul servizio militare e sul fidanzamento con la maestra Kay (Diane Keaton) ad un ruolo che nessuno si attendeva e aveva preparato per lui, quello del vero erede di don Vito e nuovo padrino destinato a guidare la cosca in maniera ancora più spietata. Quando lo incontriamo con la fidanzata al ricevimento di nozze della sorella, Michael Corleone indossa la sua divisa da marine e ci tiene a sottolineare la sua differenza dal resto dei Corleone (“That’s my family, Kay. That’s not me” ). Sarà a partire della visita all'ospedale al padre ferito quando deve prendere in mano la situazione ed organizzare su due piedi il suo salvataggio dai sicari, che qualcosa all'interno di Michael cambia per sempre, comprendendo che nello scontro che si va profilando la sua presenza è necessaria alla sopravvivenza della famiglia. Il nuovo padrino porterà avanti la concezione familista che richiede come imperativo assoluto la totale fedeltà al legame di sangue ("Fredo, you are my older brother and I love you, but don't ever takes sides with anyone against the family again").Con un attore di questo livello a disposizione, Coppola capisce bene che quello su cui concentrarsi nella scena del ristorante sono gli occhi di Michael quando si risiede al tavolo dopo aver preso la pistola nella toilette e il suo sguardo tradisce la trasformazione in atto, la paura che ancora alberga nell'animo del giovane un momento prima del suo primi omicidio, destinata a lasciare il posto alla determinazione a prevalere a qualunque costo umano e morale.

 

Al Pacino

Il padrino (1972): Al Pacino

 

 

Un giovane Francis Ford Coppola prende in mano il romanzo di Mario Puzo sulla trasformazione della mafia in una grande impresa capitalistica e rende la mafia italo-americana un nuovo capitolo della grande tragedia greca e shakespeariana, ritrovando nelle lotte sanguinarie tra e all'interno delle cosche gli archetipi del tragico. Una sceneggiatura ad orologeria tiene il pubblico nella costante attesa e anticipazione di cosa stia per avvenire e sa disseminare ogni inquadratura di indizi e segni premonitori di quanto sta per succedere. Ad esempio, c'è un momento in particolare all'ospedale in cui la macchina da presa si sofferma a mostrarci Michael accendere la sigaretta ad uno sgherro a cui troppo tremano le mani per lo spavento: le mani del giovane Corleone non tremano, un nuovo leader sta nascendo.

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante 2 persone e barba

 

Giovane autore in stato di grazia, Coppola sembra sapere sempre come potenziare al massimo l'impatto delle sue sequenze: da antologia il montaggio incrociato nella scena battesimo del nipote con efferata strage dei boss rivali dove Michael, anche in senso sacramentale padrino, pronuncia l'impegno cattolico di “rinunciare a Satana” mentre è in corso la mattanza che ha lui stesso ordinato. La testa mozzata del cavallo fa ancora impressione nonostante non possa più contare sull'effetto sorpresa e “un’offerta che non può rifiutare” resterà sempre una delle battute più citate memorabili della storia del cinema. La potenza sommessa della scena del dialogo in giardino tra Michael ed il padre ormai ritiratosi dal ruolo boss per assumere quello di nuovo “consigliere” del figlio, i loro volti ravvicinati nell'inquadratura seppur guardando in direzioni opposte, a significare una dimensione intima e al contempo tragica. La scena in cui Sonny prende a calci il cognato che aveva malmenato Connie, mentre un idrante danneggiato spara getti d'acqua attraverso lo schermo. L'omicidio di Paulie sul ciglio del campo di erba alta appena fuori città, da cui affiora come navigasse sulle spighe la Statua della Libertà: una composizione meravigliosa in campo lungo e poi la battuta fulminante “leave the gun, take the cannoli” .

 

In The Godfather, where was Paulie Gatto shot that the Statue of Liberty  was visible in the background over a wheat field? - Quora

 

La fotografia di Gordon Wilis, immergendo le scene nell'oscurità si distingue dal cinema dei tempi caratterizzato da toni prevalentemente luminosi e anticipa tanto cinema “buio” di oggi. Le tenebre avvolgono i personaggi, in particolare Don Vito Corleone, anche per, aspetto pratico, celare il pesante trucco di Brando. Luce e ombra contrastano e si alternano nella sequenza iniziale: le ombre dell'interno della casa luce contrapposte alla accecante in cui si svolge la festa di matrimonio in giardino. Un marchio stilistico inconfondibile del Padrino sono le dissolvenze nelle transizioni tra le scene e ce n'è una in cui i baffi di Don Vito si tramutano nella chioma di un albero siciliano.

Thinking way too hard about the aesthetics of 'The Godfather' while super  high | Movie Reviews | Orlando | Orlando Weekly

 

La colonna sonora del nostro felliniano Nino Rota è una delle più riconoscibili della storia del cinema: The Godfather Waltz di cui ascoltiamo le prime note ancor prima che alcuna immagine compaia sullo schermo, è la perfetta introduzione al personaggio del Padrino Don Vito e poi ritorna nel finale quando Michael riceve i baciamano mafiosi davanti ad un'attonita Kay, a chiudere il ciclo ed il completamento della transizione da un padrino ad un altro. Questa scena rappresenta il culmine della natura mefistofelica di Michael che mente spudoratamente alla moglie che si era innamorata quello che era in effetti un altro uomo e poi si è illusa bevendosi le storie sul business come un altro che diventerà a breve del tutto legale, finché la porta si chiude sbattendo impietosa sul suo sguardo allibito nell'ultimo fotogramma del film.

 

 

The Alternate Ending | Godfather Anniversary: 40 Surprises About the  Classic Film | TIME.com

 

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