Regia di Penelope Spheeris vedi scheda film
Nel 1983, grazie al supporto anche economico ricevuto da Corman, Penelope Spheeris riuscì portare ulteriornente avanti il suo personale viaggio nel punk, iniziato con The Decline of Western Civilizacion (vedi la mia precedente opinione al riguardo). Lo farà realizzando però questa volta un'opera altrettanto intensa ma "a soggetto" questa volta. L'area sotto osservazione è ancora quella della West Coast, l'inesauribile e sterminata periferia di Los Angeles, coacervo di razze e di contraddizioni. Protagonisti del racconto, sono una dozzina di ragazzi dagli otto ai diciotto anni, abbandonati o scappati di casa dalle loro famiglie, che si sono "raggruppati" formando insieme una emarginata piccola comunità di reietti che ha trovato spazio e alloggio in un fatiscente edificio suburbano abbandonato. Si fanno chiamare "T.R." e vivono (o meglio sopravvivono) dei proventi dei loro piccoli ma costanti furtarelli necessari per garantirsi l'alimentazione e sopperire ai bisogni prioritari dell'esistenza. Se così riescono a riempire comunque per lo meno la pancia (il loro frigo è sempre pieno di cibi e di bevande), non altrettanto si può dire invece per la profonda solitudine interiore, che tentano di arginare come possono tenendo in piedi troppo incerti rapporti interpersonali di amicizie e di affetti (che suppliscono però solo parzialmente a compensare il vuoto colpevole del "disinteresse" e dell'assenza delle loro famiglie d'origine) o sballandosi un poco davanti alla tv oppure con frequenti serate punk un pò fuori di testa. Il loro esistere, il loro essere caparbiamente diversi e totalemte altrernativi al sistema anche nel vestire, è una vistosa, inaccettabile offesa alla quiete intollerante del quartiere che ospita il loro vagabondaggio e le scorribande. La morte infelice di una ragazza del gruppo, diventerà così il pretesto per un confronto (la classica scintilla che fa scoppiare un incendio) e una profonda contraddizione che genererà ben presto nella violenza,e non potra che trasformarsi alla fine in tragedia. Sono ragazzi di strada i nostri eroi, smarritisi nella stra (e nella vita) che opera sempre una sfibrante selezione come ben si sa per la sopravvivenza, fieri di rappresentare sè stessi con tutto il loro forzato ed ostentato anticonformismo di facciata, ma privo di contenuti che li fa diventare artefici sì , ma di quelle con hanno riscatto nè soluzione. Con toni che debordano a volte in un eccesso di patetismo (che evidenziano già i "vizi" del successivo percorso artistico della regista) la Spheeris riesce comunque a controllare con piglio sicuro la materia e a costruire una tenue storia intorno a queste fragili creature che sembrano una più moderna incarnazione dei ragazzi di via Paal di molnariana memoria, vivificando il contesto con una drammaticizzazione davvero molto "spinta", dell'eterno conflitto che quest'età particolare ha sempre col mondo degli adulti, anche in condizioni molto più rassicuranti e "certe". L'apprendistato documentario della regista filtra comunque ben evidente fra le righe del racconto (ne rappresenta il "valore aggiunto") rivestendo di crude venature di verità il malessere quotidiano di una generazione abbandonata a sè stessa e confinata ai margini del conclamato rinascimento economico reaganiano di quegli anni (rendendo così più "realisticamente" accettabile il "sentimentalismo" di una una condizione "romantica" di dropouts. Perdendo però quelle pareti sporche di graffiti (come alla fine purtroppo accade), la colorita cianfrusaglia di stracci e di cibi dozzinali iniche certezze della loro esistenza, i ragazzi del gruppo si troveranno alla fine amputati proprio di una "ricostruita" identità (seppure un pò fittizia e artificiale) e finiranno per disperdersi - o meglio "soccombere" agli eventi - esattamente come accade a quei gruppi di cani randagi che vengono abbattutti a fucilate dai cittadini benpensanti della zona desiderosi di ristabilire il "decoro" , gli stessi (forse o quasi certamente, perchè le cose si evolvono ma quasi mai in meglio con i passare del tempo) che solo una quindicina di anni prima magari falciavano la strada dalle comode selle delle loro moto "Easy Rider" interpretando a loro volta il ruolo degli "alternativi" del momento. Il cinema americano insomma che con quest'opera prova a ripercorrere coraggiosamente (e con un pò di sccnfortato pessimismo) una storia di nuovo priva di libertà e di speranza.
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