Regia di Kimble Rendall vedi scheda film
Gli squali al cinema, una storia lunga.
“Lo squalo” (1975) di Steven Spielberg ha segnato un’epoca, i vari sequel non han saputo riprendere e ripetere, nemmeno alla lontana, quella magia e recentemente una valanga di Z-movie si susseguono imperterriti.
Qui siamo più vicini alla seconda categoria, anche se, almeno, si bazzica in territori più vicini al b-movie.
Località balneare, causa tsunami tutto viene sommerso dall’acqua, compreso un supermercato nel quale è appena avvenuta una sanguinosa rapina, con pochi superstiti che si sono rifugiati sopra gli scaffali delle corsie.
Ben presto si accorgono che sotto di loro ci sono degli squali bianchi, tentare la fuga diventa così ancor più complicato, mentre la tensione tra i sopravvissuti diventa sempre più tangibile.
Non si può chiedere troppo ad un film del genere, ma almeno, una volta ricreata una situazione di incombente pericolo, non credo sia troppo auspicarsi un livello di tensione più alto di quanto non ci sia in questo film di Kimble Rendall.
Regista che pare principalmente concentrato nello spargere più sangue possibile, senza cavalcare appieno il livello di claustrofobia che la situazione permetterebbe, in più scavalla i principi della fisica proponendo anche insensatezze variegate, tra acqua che non defluisce (visti i livelli in gioco …), squali che riescono a non urtare nulla in uno minuscolo spazio e poi i soccorsi assenti (cavolo si poteva spargere altro sangue!) e non mancano nemmeno altre idee folli (un armatura manuale).
Dunque, la storia vacilla (per dire), gli squali serial killer la fanno da padroni e gli attori sono chiaramente “bellocci” ed anche inerti; in parte si salvano Samuel Xavier, la super gnocca Sharni Vinson (giusto perché è di una bellezza fuori categoria che ben si applica al genere) e Julian McMahon, ma si parla pur sempre di inezie.
Classico filmetto usa e getta, quasi mi scoccia liquidarlo velocemente, in fondo pensavo che questa volta un minimo di suspence si potesse riscontrare (per dire, non mi era dispiaciuto affatto il poco apprezzato “Blu profondo” (1999)), invece si sta veramente bassi.
Se non altro non è tedioso, ma che pochezza.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta