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Shark 3D

Regia di Kimble Rendall vedi scheda film

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La recensione su Shark 3D

di Spaggy
4 stelle

Shark 3D vive costantemente imprigionato dall'ombra ricorrente del modello a cui il regista australiano Kimble Rendall vorrebbe rendere omaggio. Se Lo Squalo di Spielberg vive di tensione e non mostrato, il film di Rendall sopravvive di tecnologia e qualche trovata visiva interessante ma soccombe in sceneggiatura e recitazione. Paradossalmente, coniugando immagini splatter e gore, non riesce mai a provocare un sobbalzo o a costruire una narrazione dal ritmo incalzante, nonostante la colonna sonora sia creata per accompagnare lo spettatore verso i momenti clou. 

Se l'incipit può apparire interessante nel suo lasciar aperte mille possibilità di svolgimento, a troncare ogni speranza arriva la piatta psicologia dei 13 personaggi in scena e la prevedibilità con la quale essi si muovono o tentano di muoversi. In questo, la pellicola è coerente: è inutile tentare ad esempio di trovare una spiegazione razionale ad ogni decisione presa, così come è inutile il tentativo del regista di incutere paura rendendo quasi caricaturale l'enorme squalo pneumatico.

Tutto sa di già visto e, seppur tristemente, bisogna annotare che la sequenza dello tsunami che si abbatte sulla costa è molto meno spettacolare di quanto madre natura sappia fare. Anche qui, Rendall non usa certo molta fantasia: basta cercare in rete uno dei filmati amatoriali dello tsunami del dicembre 2006 in Indonesia per rendersi conto quale sia stata la fonte di ispirazione.

Seppur con dovuti limiti, seguendo Shark 3D la mente non può far altro che pensare a tutti quei prodotti della Asylum che si sforzano di essere credebili nella loro incredibilità artiginiale. Pensando a Spieberg, Rendall realizza invece un emulo di Shark Night ad alto budget, dove il migliore degli attori in scena è Bully, il volpino della ragazza rimasta imprigionata con il fidanzato all'interno della propria automobile nel parcheggio sotterraneo.

Stupisce, poi, come la sottotrama del parcheggio scada più volte nel ridicolo: Rendall, per allentare quella che secondo lui dovrebbe essere tensione, calca la mano sul registro comico, agguanta la battuta facile ma anziché strappare un sorriso sposta l'attenzione dello spettatore: non ci si chiede più quando arriverà lo squalo ma ci si domanda quale altra cretinata da bimbominchia si diranno i protagonisti.

A proposito di protagonisti e attanti, sovviene una domanda: possibile che lo squalo si nutra solo di carne umana appartenente ai personaggi malvagi o denotati negativamente? A parte il prologo in cui a perder la vita in una scena alla Baywatch è un bagnino che si presuppone "buono", per tutto il corso del film cadranno tra le fauci dello squalo ladri furiosi, direttori di supermercato egoisti e cinici, terzi incomodi e fidanzati stupidi. Come da copione, l'antagonista principale troverà redenzione e amore (si, c'è tempo anche per i colpi di fulmine piuttosto che per i colpi di coda) e tutti vivranno felici e contenti. Senza rivelare troppo del finale, grottesche le soluzioni messe in atto per rimanere in vita: roba da Chuck Norris. Perché sia al Festival di Venezia rimane un mistero.

Voto: 3.5

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